Ad aprire il lotto troviamo infatti Intern, primo singolo estratto ed inedito tentativo di pop sintetico, nel cui video Angel si mostra con parrucca argentata ed un look da novella rock’n’roll diva che verrà riproposto anche nella clip successiva. Questo approccio in particolare rimarrà isolato all’interno di un disco che si rivelerà comunque essere concettualmente spaccato a metà – in perfetta continuità con il ritorno del vinile e delle sue due facciate.
Ad una prima parte audace, sfrontata e ritmata in cui spiccano Never Be Mine (ballata in salsa Ronettes) ed il garage vecchia scuola di Shut Up Kiss Me, fa da contraltare un lato B profondamente riflessivo e musicalmente dimesso, in un climax emotivo che dopo la delicata Heart Shaped Face e la splendida Sister raggiunge il suo apice nella quasi eponima Woman, cuore narrativo dell’album che ci consegna in un verso la chiave di lettura dell’opera: “I dare you to understand what makes me a woman”. A Pops non resta che il ruolo di soffertissimo commiato.
“Burn Your Fire For No Witness” era il disco della ferita, del dolore in tempo reale. Viveva di sfoghi e lamenti, di richieste d’aiuto sussurrate o urlate; My Woman è la rappresentazione della consapevolezza e di una nostalgia prima nervosa e poi dimessa, malinconica. Dalla battuta amara e cinica al pianto solitario. Da “Mi innamorerò e scapperò via” (Never Be Mine) a “Sarò la cosa che vive nel sogno dopo che è svanito” (Pops).
Un disco intenso, che da un punto di vista prettamente melodico forse regala meno momenti memorabili del predecessore, ma che compensa con un lirismo se possibile più appassionato e, soprattutto, più efficace. Ritratto meno drammatico di una donna più matura, è la grande conferma di un talento purissimo.
(2016, Jagjaguwar)
01 Intern
02 Never Be Mine
03 Shut Up Kiss Me
04 Give It Up
05 Not Gonna Kill You
06 Heart Shaped Face
07 Sister
08 Those Were The Days
09 Woman
10 Pops
IN BREVE: 4/5