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Dan Auerbach – Waiting On A Song

Dan Auerbach, amatissimo/odiatissimo frontman dei Black Keys, ha fatto un disco retrò. “E sti cazzi?”, potrebbe osservare il lettore più attento, “Dan Auerbach fa da sempre dischi così retrò che più retrò non si può”. Vero: coi suoi Black Keys ha sempre prodotto dischi dal suono che più retrò non si può, roba da far impallidire il suo arcinemico Jack White.

I dischi dei Black Keys però latitano, mentre Dan è impegnato nel suo lavoro da produttore (Lady Gaga, The Pretenders, A$AP Rocky) e in progetti secondari (The Arcs). Il che ci conduce al nostro Waiting On A Song, che è contemporaneamente un eccellente lavoro da produttore ed un progetto secondario che lascerà perplessi in molti.

Il primo singolo estratto, lo ammettiamo, ci ha lasciati semplicemente basiti: basiti non perché non si sia abituati a sentire un Auerbach più “morbido” – quello era già venuto fuori sin dai tempi di Brothers – ma perché lo spirito pop era sempre venuto fuori filtrato da soul, blues, rock, hard rock e venato di una malinconia genuina, mentre qui, la deliziosa Shine On Me a primo impatto fa ricontrollare qualunque supporto si stia utilizzando per ascoltarla, per essere certi che si tratti dello stesso Auerbach. Un pop solare, straordinariamente brillante, condito dalla chitarra ospite di Mark Knopfler (che come il vino buono, in quanto chitarrista migliora con gli anni, pochi fill ma assolutamente superlativi) che è lontano sia dal passato Black Keys, sia dai vari progetti solisti, in primis l’album di esordio a suo nome, “Keep It Hid” del 2009, ancora molto keysiano.

Anche negli episodi più riconoscibilmente auerbachiani come Malibu Man o King Of A One Horse Town (la migliore del lotto, con ospite la leggenda Duane Eddy) il mood malinconico è sempre venato da un solare buonumore, tale da mettere quasi a disagio, se ci si fosse aspettati il classico mal de vivre del cantautore e produttore di Akron, Ohio.

L’album è una gradevole collezione di pezzi a cavallo tra soul e soft rock, che spicca più per produzione ed arrangiamento di livello stellare che non per il lato compositivo: ogni pezzo è saturo di suoni, ma sembra leggerissimo; in ogni pezzo Auerbach fa risaltare uno strumento che, collocato in posizione strategica (il basso sensuale di Cherry Bomb piazzato all’inizio, come riff; i leggiadri fiati nel ritornello di Never In My Wildest Dream) caratterizza il brano e lo rende memorabile.

A dispetto della sua leggerezza pop, “Waiting On A Song” ci mette del tempo a crescere (soprattutto per chi Auerbach lo usa come metro di paragone per il blues rock degli ultimi vent’anni), ma, se gli si dà del tempo, diventa un’inaspettata sorpresa. Bene, bravo, però ora dacci quello stramaledetto blues.

(2017, Easy Eye Sound)

01 Waiting On A Song
02 Malibu Man
03 Livin’ In Sin
04 Shine On Me
05 King Of A One Horse Town
06 Never In My Wildest Dreams
07 Cherrybomb
08 Stand By My Girl
09 Undertow
10 Show Me

IN BREVE: 3,5/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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