Con un singolo rilasciato già nel 2020 e un primo annuncio della data di uscita di Rose Pink Cadillac previsto per il Novembre del 2021, poi rinviata, il ritorno di Angus Stone con il monikerDope Lemon non può dirsi un fulmine a ciel sereno. Né tantomeno possiamo parlare di infecondità artistica per il musicista di Newport – quella australiana, però – vista la pubblicazione nel 2019 del secondo disco solista a firma DP e, nell’anno appena trascorso, di un lavoro con il più famoso progetto che lo vede protagonista con la sorella Julia. Questa frenetica sovrapposizione non ha intaccato, però, la separazione tra le due anime di Angus: lineare e melensa con Julia, in cui il folk si allinea ad un indie pop di facile fruibilità; più imprevedibile ma indolente nel contesto solista, dove le divagazioni psych rappresentano un’evidente valvola di sfogo per il musicista australiano.
La necessità di fare questo punto della situazione sull’attività artistica di Angus Stone è la doverosa premessa per un interrogativo banale ma calzante: tutta questa frenesia di pubblicazione è giustificata dalla qualità del lavoro? Nì. Gli spunti interessanti ci sono ma sono pochi e accompagnati da un’indolenza compositiva evidente. La ripetitività di alcuni passaggi fa storcere un po’ il naso, tuttavia la loro frequenza è sopportabile, essendo temperata da alcune scelte sonore catchy e strutturalmente interessanti.
Come già avvenuto per i due predecessori, anche “Rose Pink Cadillac” è stato prodotto interamente da Stone, con l’aiuto di qualche collaboratore in fase di scrittura dei pezzi (Elliott Hammond, Brad Heald, Brett Ramson). Nonostante quanto detto all’inizio, rispetto ai dischi precedenti il punto di contatto con una dimensione leggera e pop è più evidente. La title track,dalla eco strokesiana, ne è un esempio. Il rischio di appiattimento su questa linea melodica sembra essere confermato dalla successiva Kids Fallin’ In Love. L’imprevedibilità di Stone, però, riappare in Howl With Me grazie alla centrifuga di ritmiche seventies e chitarre fuzzy e nella più folk e onirica Stingray Pete.
Il punto debole del disco è costituito dalla parte centrale che appare troppo interlocutoria e poco a fuoco: la successione di sonorità fluttuanti strozza il cambio di passo e perde in originalità. Il finale, però, reupera un po’ della verve mostrata in precedenza: God’s Machete si apre con una linea di basso prepotente che puntella la ritmica del pezzo per la sua intera durata; mentre la conclusiva Shadows In The Moonlight è puro psych folkche ricorda l’Ariel Pink di “Pom Pom” (ben precedente alle discutibili derive trumpiane). Al netto di una copertina dal gusto opinabile – nessuna delle precedenti di Dope Lemon può ritenersi salva – e di alcune scelte sonore innocue, “Rose Pink Cadillac” è un disco di buoni acuti, forse non abbastanza per ritenerlo migliore dei precedenti.
(2022, BMG)
01 Rose Pink Cadillac
02 Kids Fallin’ In Love
03 Howl With Me
04 Stingray Pete
05 Sailor’s Delight
06 Every Day Is A Holiday
07 Lovesick Brain
08 High Rollin (feat. Louise Verneuil)
09 God’s Machete
10 Shadows In The Moonlight
IN BREVE: 3/5