Sarebbe quindi folle pensare di trovarsi di fronte le stesse persone, gli stessi musicisti, dopo tutto questo tempo. No, non intendiamo che siano cambiati i componenti del complessino, ma che sarebbe folle non capire che gli anni passano per tutti, e che un 50enne non ha la stessa cazzoneria di un 30enne, e per chi fa musica cosiddetta “demenziale” (termine che gli Elii rifuggono) c’è da considerare che fare i cazzoni è il pane quotidiano. È vero che sarebbe incredibilmente riduttivo pensare agli Elii come band demenziale, hanno più e più volte dimostrato di essere una delle band più importanti della storia musicale italiana, hanno prodotto musica di livello tecnico straordinario e testi che sono rimasti talmente impressi nell’immaginario collettivo da essere entrati a far parte del linguaggio comune. Fece quindi specie sentire “L’album biango”, lavoro precedente a questo Figgatta de Blanc e primo vero passo falso nella discografia del complessino, e a distanza di tempo l’impressione non è cambiata.
Le premesse per questo disco non erano delle migliori: 50enni, nuovamente a Sanremo ma con meno voglia di stupire (eccetto un divertente travestimento da Kiss per la finale e una cover di “Elephant Talk” dei Crimson e di “Heroes” di Bowie con Adrian Belew al Dopofestival) e tanta voglia di promozione, dato che entrambi i pezzi presentati sono inclusi in quest’album, ancora un nome che parafrasa un titolo famoso (chiaramente “Reggatta de Blanc” dei Police, mentre era, altrettanto ovviamente, “The White Album” dei Beatles per il precedente), sempre carichi di impegni extra-eliatici, anticipato da un singolo ormai vecchio di mesi, un “Il primo giorno di scuola” musicalmente heavy e testualmente bruttino, accompagnato da un video di Scottecs che puzzava pesantemente di colpo di grazia – la definitiva conferma che “L’Album Biango” non era una coincidenza.
Fortunatamente i segnali non sono sempre necessariamente una sentenza, e “Figgatta” presenta gli Elii sicuramente più concentrati e dedicati, ma allo stesso tempo più divertiti e rilassati. Uno dei problemi sostanziali de “L’album biango” era un didascalismo estremo (“Questa è la canzone mononota, quindi suoniamo solo una nota”, “Ecco la canzone del Primo Maggio, segue lista di cose che succedono al concerto del Primo Maggio”, “Questa canzone è un tributo agli Area, ecco che suoniamo quindi come gli Area”, “Questo è il ritmo della sala prove, ecco cosa succede in una sala prove”) in gran parte qui abbandonato: emerge a tratti in pezzi come Ritmo sbilenco o Il mistero dei bulli, ma in maniera decisamente meno pesante e più tollerabile, ma resta una certa difficoltà narrativa che li porta a pescare in news (anche a ‘sto giro vecchiotte) come bullismo, aumento della popolazione cinese nell’italico solo (China Disco Bar), l’abuso di termini anglofoni che suonano piuttosto ridicoli (Parla come mangi), senza riuscire a strappare una risata.
Gli Elii, invero, danno il meglio quando ci raccontano storie assurde, come fa Rocco (la cui voce è, come talvolta è accaduto nei live, filtrata attraverso un vocoder) nella meravigliosa She Wants, che sembra un pezzo eliatico di altri tempi, o nei frammenti di ritornello che compongono la sanremese Vincere l’odio: sono molto più interessanti le storie dell’energumena o del femminiello che è nato a Napoli del sapere che la musica dance cinese fa cagare, così come era più interessante la storia di Luigi Il Pugilista rispetto a datate battute sullo spam o sulle foto fatte col telefonino.
Musicalmente, come di consueto impressionanti da un punto di vista strettamente tecnico, stavolta sembra che il potere di ri-ascolto sia discretamente alto e che pezzi come il tributo al prog rock Ritmo sbilenco si prestino ad ascolti successivi piuttosto che a essere accantonati passato l’effetto novità. E la cazzoneria ed il divertimento sembrano genuini, basti ascoltare I delfini nuotano e le risate che ogni tanto escono fuori tra una canzone e l’altra. C’è anche un momento commovente con Bomba intelligente, una canzone che Francesco Di Giacomo (voce del Banco Del Mutuo Soccorso, tragicamente scomparso in un incidente stradale nel 2014) aveva scritto con Paolo Sentinelli ma mai completato, che parla, com’è facile intuire, di guerra, in maniera dolce e con la romantica intelligenza che contraddistingueva Di Giacomo.
Questa e quella di J-Ax in Tangenziale sono le uniche ospitate “musicali”, cosa abbastanza strana considerata la consueta pletora di nomi che è possibile trovare nei dischi del complessino (ci sono anche Lillo e Greg in uno sketch preso dalla loro trasmissione “610” e Nick The Nightfly), segno che, forse, l’irresistibile manipolo di manigoldi non vive più in quella delirante situazione che portava un ricircolo costante di collaboratori a unirsi a quello che è un gruppo di gente divertente, tecnicamente meravigliosa e – un tempo – in costante produzione. Ci avranno, ormai, anche altri cazzi da fare, cosa più che comprensibile.
La speranza è che continuino (coi tempi opportuni) a fare musica straordinaria, che abbandonino le notizie di cronaca, e, magari, che ci propongano qualche nuovo esperimento che ci lasci a bocca aperta, invece che questo sorrisino che svanisce dopo poco.
(2016, Hukapan)
01 Figgatta de blanc
02 Vacanza alternativa
03 She Wants
04 Parla come mangi
05 Il mistero dei bulli
06 China Disco Bar
07 Il quinto ripensamento
08 Bomba intelligente (feat. Francesco Di Giacomo)
09 Inquisizione
10 Ritmo sbilenco
11 Il rock della tangenziale (feat. J-Ax)
12 Cameroon
13 I delfini nuotano
14 Il primo giorno di scuola
15 Vincere l’odio
IN BREVE: 1,5/5