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Fat Dog – WOOF.

Negli ultimi tempi i newyorkesi Model/Actriz hanno suscitato parecchia attenzione, grazie alla loro prima dimostrata e poi confermata capacità di riprendere e rimescolare per bene dance e attitudine punk (più un botto d’altri spunti vari ed eventuali), circostanza che ha portato a un’ondata di revivalisti del genere che, chi più chi meno, hanno contribuito a rinverdire la scena di riferimento (vedi i fenomenali Mandy, Indiana sul versante più dannatamente noise). Ultimi in ordine di apparizione ecco adesso i londinesi Fat Dog, che con WOOF. esordiscono sulla lunga distanza dopo aver licenziato nel corso dei mesi una serie di singoli ed essersi accaparrati un contratto discografico con la prestigiosa Domino.

Lavoro ben fatto, il loro, che fin dall’iniziale Vigilante ha il suo innesco nell’allucinata performance vocale di Joe Love, un Nick Cave sotto acidi che declama per oltre mezz’ora sempre in bilico tra il serio e il faceto (con le percentuali che pendono nettamente per quest’ultimo). Rispetto ai già citati Model/Actriz, i Fat Dog si perdono molto, molto meno in elucubrazioni industriali, fermandosi piuttosto sull’aspetto più cadenzato e incalzante della loro proposta (devastante Running), caratteristica che a quanto si dice è quella che dal vivo li rende praticamente imperdibili.

In generale è però complicato incasellare i Fat Dog in questa o quella definizione, perché gli arabeschi sonori di Vigilante, le pulsazioni reznoriane di All The Same, l’EDM marcissima del singolo King Of The Slugs (un po’ in quota Viagra Boys), il continuo e persistente senso d’improvvisazione che da Frank Zappa ai Black Midi attraversa decenni di storia della musica e arriva qui a Wither, sono tutti fattori che lanciano in orbita il disco e poi lo risbattono sulla Terra con estrema violenza, causando una confusione sicuramente voluta ma a tratti disturbante (probabilissimo che anche quest’effetto faccia parte della formula dei Fat Dog).

E in tutto questo caos organizzato in cui ci fa immergere la formazione inglese non c’è spazio per inventiva o colpi di coda, ché Joe Love e soci sembrano dover andare a una velocità tale da non trovare il tempo necessario a fermarsi per riflettere su come e cosa metterci di proprio nella loro musica. Ecco, “WOOF.” aggiunge poco o nulla a quanto si sente e si è già sentito in giro… non necessariamente una pecca, ma di certo neanche un decisivo punto a favore.

2024 | Domino

IN BREVE: 3/5

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