Ruins è il quarto capitolo di una storia partita dalle video-cover caricate su YouTube e MySpace e passata dal palco principale del Glastonbury Festival, così come dalla nomination a miglior gruppo internazionale nell’edizione del 2015 dei Brit Awards. Questo album continua il fortunato filone sonoro di americana e country che ha reso celebre le due sorelle, le quali però in questa occasione danno una sgrassata alla patina vintage di “Stay Gold” (2014) e degli album precendenti, arrivando a ottenere il prodotto indie folk moderno per eccellenza di quest’epoca di streaming selvaggio e talent show.
Alle First Aid Kid mancano la profondità e la ricercatezza pretenziosa di Angel Olsen o Aldous Harding (per fare due nomi recenti che condividono più o meno le stesse atmosfere musicali), ma hanno nelle loro corde le melodie giuste per emozionare: impossibile non ascoltare It’s A Shame senza pensare alla voce di uno speaker che recita la marca di un SUV e qualcosa sulla vita selvaggia, o non immaginare Fireworks nella scena finale di una serie TV Netflix in cui muore il protagonista adolescente in modo tragico.
Come dite? Queste cose non c’entrano con le emozioni ma solo col marketing? Beh, non crediamo che ciò faccia tanta differenza nel 2018, soprattutto (ahinoi) nella musica. Intrecci vocali avvolgenti, torch songs, grandi chitarroni acustici fanno di “Ruins” un bell’album la cui utilità può essere quella di fare da antipasto leggero e cordiale, prima di colmarci la pancia con qualche album folk più coraggioso e provocatorio, come si spera saranno quelli di Jack White e Father John Misty di prossima uscita nel corso di quest’anno.
(2018, Columbia)
01 Rebel Heart
02 It’s A Shame
03 Fireworks
04 Postcard
05 To Live A Life
06 My Wild Sweet Love
07 Distant Star
08 Ruins
09 Hem Of Her Dress
10 Nothing Has To Be True
IN BREVE: 2,5/5