Sonic Higways è il nuovo disco dei Foo Fighters, ma non solo: è anche il titolo di una serie televisiva prodotta da HBO (sì, quelli di “Game Of Thrones” e “True Detective”) che coinvolge la band seguendola in giro per alcune città americane, durante la composizione e registrazione dei brani di questo disco. Nel frattempo ci sono delle chiacchierate con alcune leggende della musica come Dolly Parton, Ian MacKaye e Gary Clark Jr. Il lancio di questo disco è quindi decisamente buono, con tutte le premesse per farne un grande successo mediatico.
Dentro ci troviamo tutto quello che ha fatto sempre amare o odiare la band: ballate potenti e sofferte, grondanti di chitarre distorte, che accompagnano le splendide melodie vocali che hanno contribuito a rendere celebre la band. La opening track Something From Nothing è l’esempio lampante di quanto scritto poche battute prima. Ma già dalla seconda traccia The Feast And The Famine si spinge decisamente sull’acceleratore e si entra “nell’autostrada sonica”: ritmo frenetico, sound granitico che gronda stelle e strisce. Mai come in questo episodio di “Sonic Higways” i Foos sono riconoscibili, ma nella coda si percepisce anche l’influenza che il vecchio amico Josh Homme ha esercitato sulla band (palese nel finale durante quel “Is there anybody there – anybody there” che siamo certi sarà un’esplosione orgasmica durante le esecuzioni dal vivo).
Il disco scivola via senza intoppi, passando dalla docile ma sorvolabile Congregation fino a What Did I Do?/God As My Witness che sa di sabbia e birra ghiacciata. Joe Walsh (Eagles) fa capolino in Outside, ma il suo contributo passa quasi inosservato all’interno di un sound che si lascia plasmare, ma che arrogantemente lo ingurgita nel brano dandogli solo lo spazio di un breve, ma avvincente, assolo. In The Clear vede la partecipazione della New Orleans Preservation Jazz Band, ma parte male. Talmente male che potrebbe essere un brano dei Coldplay. Per fortuna dopo poche battute i power chords ci ricordano che non siamo in un disco di Chris Martin e soci.
Subterranean ripercorre il solco delle ballate che sanno scrivere solo i Foos e in un certo senso chiude il cerchio connettendosi alla opening track “Something From Nothing”, ma dando la possibilità di scoprire alcuni territori melodici nuovi suggeriti dalla voce di Grohl. L’e-bow forma un soffice tappeto su cui i Foos costruiscono un castello sognante e dolce. L’onore di tagliare il nastro finale è riservato alla lunghissima (rispetto allo standard Foos) I Am A River, che conta sul contributo della leggendaria Joan Jett. Brano ottimo sotto ogni punto di vista che mette in evidenza la maturità anagrafica ed artistica di questo ensemble.
Otto brani che non cambiano quasi di una virgola il suono dei Foo Fighters: estrapolando canzoni a caso dalla loro discografia è difficile riuscire a distinguere in quale momento storico siano state composte, perché presentano quasi sempre una coerenza stilistica a volte maniacale e talvolta addirittura irritante. Nemmeno questo “Sonic Highways” è differente dai dischi precedenti dei Foos ed è quindi lecito pensare che i fan della band continueranno ad acquistare i dischi ed a riempire gli stadi durante i concerti, cantando a squarciagola e pogando anche con le nuove canzoni. “Sonic Highways” è un buon disco, forse troppo breve per palati affamati. Sono passati davvero vent’anni da quando Dave Grohl scriveva la storia della musica picchiando forte sul rullante dei Nirvana, ma crediamo che un personaggio come questo vada interpretato alla luce di tutti i suoi lavori per poterne apprezzare ogni sfaccettatura artistica.
(2014, RCA)
01 Something From Nothing
02 The Feast And The Famine
03 Congregation
04 What Did I Do?/God As My Witness
05 Outside
06 In The Clear
07 Subterranean
08 I Am A River
IN BREVE: 3,5/5