What Happens Next arriva quattro anni dopo il claudicante “Content” e ne accentua le derive new wave. La lista di ospiti è fitta, soprattutto dietro al microfono: c’è Alison Mosshart nell’hard rock anni Ottanta sotto mentite spoglie di Broken Talk, c’è il cantautore tedesco Herbert Gronemeyer nella crepuscolare The Dying Rays (riproposta in lingua germanica come ultima traccia, la superflua Staubkorn).
Queste canzoni hanno un certo fascino, complice una produzione claustrofobica e molto curata. Ci sono qua e là buoni spunti, come la fisionomia vagamente orientale dell’iniziale Where The Nightingale Sings o la strisciante Obey The Ghost, che ricorda qualcosa dell’ultimo Gary Numan.
Ma le idee interessanti sono annullate dal pesante anonimato di tutto il resto, vedasi First World Citizen, l’insipida Dead Souls, l’inconsistente England’s In My Bones che vede di nuovo la Mosshart protagonista ed è una versione più lenta e stanca della già citata “Broken Talk”.
Emerge così il lato oscuro di un album con poca sostanza, che con diversi ascolti si sgonfia dopo una leggera euforia iniziale. Manca il piglio, manca l’ispirazione, mancano sostanzialmente le canzoni. Gill dovrebbe fermarsi un attimo e rivedere un po’ di cose, magari dichiarando la morte di un progetto che non ha (quasi) più alcuna ragione d’esistere.
(2015, Gill Music)
01 Where The Nightingale Sings
02 Broken Talk
03 Isle Of Dogs
04 England’s In My Bones
05 The Dying Rays
06 Obey The Ghost
07 First World Citizen
08 Stranded
09 Graven Image
10 Dead Souls
11 Staubkorn
IN BREVE: 2,5/5