Interamente composto e suonato da lui, in “Fa niente” erano presenti sì i “soliti” Battisti e Paolo Conte che si ricordano quando un nuovo valido cantautore fa musica in un certo modo, ma anche tutta l’influenza straniera del dream pop di Kevin Parker e degli Animal Collective. La psichedelia tricolore brevettata nell’album ha dato il meglio di sé dal vivo, sia per l’innegabile abilità di Poi nel suonare (è diplomato in chitarra jazz, non proprio uno che strimpella quattro note) che per il supporto di due ex componenti dei Boxerin Club al basso e alla batteria; anzi, si può dire che proprio grazie al tour di Giorgio Poi si è capito che Matteo Dominichelli è uno dei migliori bassisti in circolazione dalle nostre parti.
Dopo un centinaio di live e collaborazioni varie nel mondo dell’indie e del pop mainstream, da Frah Quintale a Luca Carboni, si arriva all’8 Marzo 2019, giorno in cui esce il secondo capitolo dell’avventura cantautoriale del musicista romano, “Smog”. È proprio lui il primo a mettere le mani avanti parlando del disco in un post su Instagram: “Smog è il mio primo secondo disco. Di dischi d’esordio se ne possono fare tre o quattro, con nomi sempre diversi. Invece i secondi dischi sono più rari perché per fare un secondo disco non basta fare un disco ma farne due e man mano che si va avanti la situazione si complica (…)”.
Quella che sembra una supercazzola è invece semplicemente l’autobiografia di Giorgio Poti, che prima di “Smog” aveva già pubblicato tre dischi, di cui due con la stessa band sotto nomi diversi. Invece ora, appunto, la situazione si complica: “Smog” sembra il tentativo di fare un po’ di passi in avanti rispetto all’esordio nel panorama it-pop nazionale e di conseguenza, nello smussare ciò che potrebbe non piacere a un pubblico più ampio assetato di ritornelloni, se ne sono andate tante delle peculiarità che rendevano speciale il precendente “Fa Niente”.
Ad esempio si respira meno libertà compositiva, quella che ti porta ad allungare una canzone già finita con una lunga jam psicheledica (come capitava ne “L’abbronzatura”) o impreziosire un’apparentemente semplice pezzo pop con stacchi e accordi inusuali (“Tubature”). In “Smog” più che la ricercatezza musicale si premiano la melodia e i testi, meno deliranti e più evocativi, netti: possiamo dire che il concept attorno a cui ruota l’album siano i giovani emigrati italiani che, per un motivo o per l’altro, si ritrovano a vivere lontano da casa, sentendo a volte la voglia di scappare sul primo volo Easyjet (Stella), altre volte provando nostalgia della terra natia e addirittura delle sue brutte canzoni (La musica italiana, con Calcutta, che di ritornelloni se ne intende).
Se l’intento è raggiungere sempre più persone con la propria musica (d’altronde un pezzo come Solo per gioco sembra essere stato scritto sul palco dell’Ariston), non si può che comprendere questa volontà e augurare il meglio a un artista valido come Giorgio Poi, se lo merita più di molti altri. Ha mostrato il suo potenziale nei suoi lavori precedenti, sappiamo quello che ha fatto e quello che potrebbe fare in futuro. Ma chi cercava già ora un “Fa niente” bis, probabilmente rimarrà deluso.
(2019, Bomba Dischi)
01 Non mi piace viaggiare
02 Ruga fantasma
03 Solo per gioco
04 Stella
05 Napoleone
06 Vinavil
07 Smog
08 Maionese
09 La musica italiana (feat. Calcutta)
IN BREVE: 3/5