Dopo “Between Two Shores” del 2018 questa perplessità era aumentata fino ad arrivare a chiedersi quale fosse la necessità di un altro lavoro fatto di idee riprese e rimaneggiate dall’artista irlandese. E invece no, per fortuna il futuro non è scritto e This Wild Willing si rivela una sorpresa oltre tutte le aspettative. Il viaggio, il mare, la solitudine, l’amicizia, lo scambio, la condivisione detengono lo scettro di un potere salvifico capace di sorprendere e confondere in egual misura sia se stessi che chi sviluppa la propria vita attorno alla nostra.
“This Wild Willing” non può e non deve essere ascoltato da solo. Solo accostandolo allo short filmsul making of dell’albumdiretto de La Blogothèque e al documentario “The Camino Voyage” si può davvero capire quanti colori, vite e passioni coesistano in Glen Hansard e in tutto quello che lo circonda. È luglio del 2017 quando Hansard, reduce dal tour con Eddie Vedder, inizia ad avere la visione embrionale di quello che sarà il suo prossimo lavoro in studio, una rielaborazione di qualche pezzo risalente al periodo The Frames in chiave più scarna, con un accompagnamento quasi assente. Da lì a poco una successione di incontri, aiutati da buon cibo e vino, rimescolerà le carte in tavola creando in maniera istintiva la natura dirompente di “The Wild Willing”.
Come in una sorta di seduta musico terapeutica di gruppo, in cui ognuno dei partecipanti formula una proposta musicale aspettando che qualcun altro la colga, ventiquattro musicisti provenienti da generi, culture e modi di intendere la musica completamente diversi si sovrappongono e giocano con un vasto vocabolario tonale, fondendosi in una splendida amalgama di interplay policromatico.
Questa orchestrazione eccellente fa sì che ogni singola traccia nasca, cresca, esploda fino a scomparire, lasciando intatta l’impronta di chi ne ha preso parte, persone, strumenti, città, ricordi: l’Irlanda sperimentale di Dunk Murphy e Deasy (I’ll Be You, Be Me), il kamancheh, il flauto ney e il setar di Pouya, Mani e Nima Khoshravesh (Race To The Bottom, The Closing Door, Brother’s Keeper), il Daf di Aida Shahghasemi, tutti strumenti della musica tradizionale iraniana, i versi in persiano del poeta Rami (The Fool’s Game), Parigi con la sua malinconia, i suoi bar e le rivolte lungo le strade, il mare e Danny Sheehy, compagno di traversata di Hansard (Leave A Light).
“The Wild Willing” è un disco aperto alla vita, ai rapporti, alla scambievolezza del vissuto personale di ognuno dei suoi partecipanti, ma soprattutto è un inno a una libertà ispirata. A testimoniarlo più di tutto forse sono le lunghe pause all’interno di trequarti delle tracce del disco: I’ll Be You, Be Me, Fool’s Game, Brother’s Keeper, Threading Water, Who’s Gonna Be Your Baby, ruotano tutte attorno a momenti strumentali in cui ogni elemento a suo modo entra, improvvisa, lascia traccia di sé.
“The Wild Willing” non rappresenta un disco di world music, né un’attrazione per le commistioni che altri non abbiano già provato, ma è un suono arioso arrivato in un momento in cui a forza di sperimentare ci si dimentica quanti segreti possano ancora nascondere tradizione e complicità. Anche per questo, di sicuro, è il disco migliore della carriera di Glen Hansard.
(2019, Anti-)
01 I’ll Be You, Be Me
02 Don’t Settle
03 Fool’s Game
04 Race To The Bottom
05 The Closing Door
06 Brother’s Keeper
07 Mary
08 Threading Water
09 Weight Of The World
10 Who’s Gonna Be Your Baby Now
11 Good Life Of Song
12 Leave A Light
IN BREVE: 4/5