Ci sono artisti che in diciannove anni di carriera non sono riusciti a mettere in piedi un disco degno di tale nome, altri cui ne basta una minima frazione per nascere, raggiungere l’apice e tristemente decadere, altri ancora che fanno trascorrere tale lasso di tempo prima di dar vita ad una mesta reunion. Poi c’è chi, invece, si permette il lusso di lasciar volare via questi quasi due decenni come se niente fosse, ripresentandosi tirata a lucido come a non aver mai abbandonato le scene. Stiamo parlando della signora Grace Mendoza aka Grace Jones, la Pantera giamaicana già modella, attrice nonché regina indiscussa della disco-music a cavallo fra i ’70 e gli ’80. E, soprattutto, fautrice delle fusioni meglio riuscite fra disco, elettronica e reggae. Era il 1989 quando il poco riuscito “Bulletproof Heart” segnava la (a questo punto momentanea) fine dell’esperienza musicale della Jones, consegnandone il ricordo a raccolte, collezioni, live e tutto il campionario di chi sembra non avere altro da aggiungere alla propria parabola artistica. Ed invece il ritorno che non t’aspetti è di quelli coi fiocchi, si chiama Hurricane e ci presenta una Grace Jones in forma smagliante. Anticipato dal singolo Corporate Cannibal (semplicemente stupendo il videoclip, inquietante come pochi altri), “Hurricane” è un concentrato metropolitano delle mistioni da sempre nelle corde dell’artista giamaicana, ma mai ben levigate come in questo album di fine 2008. Messa da parte la disco, se non in episodi isolati come This Is o Williams’ Blood, in cui i pulsanti inserti elettronici si fanno comunque apprezzare, è l’incontro con le venature caraibiche a farla da padrone. Vedi brani come Well Well Well, Love You To Life e Sunset Sunrise, in cui la Jones rende manifeste le sue origini, da sempre punto di partenza e d’arrivo delle sue performance sonore, con quel reggae passato al setaccio da una miriade di filtri moderni. E poi il trip hop, la nuova frontiera in cui Grace Jones sembra muoversi alla perfezione, complice probabilmente la collaborazione con un artista del calibro di Tricky, uno che del Bristol sound è fra i massimi esponenti. Il singolo citato poco sopra, I’m Crying (Mother’s Tears), la title-track e la conclusiva Devil In My Life sono fra le migliori rivisitazioni degli insegnamenti di Massive Attack e soci, assolutamente perfette nel ricreare le atmosfere urbane, cupe e metalliche tipiche del genere in questione. Il tutto condito da quel tocco esotico che è il vero carattere personalizzante dei lavori della Jones. Discorso a parte, poi, per la prova vocale della Pantera che, a sessant’anni suonati, non ha perso un grammo della sua incisività, asessuata ed androgina, semplicemente perfetta in tutte le nove tracce che vanno a comporre questo gran ritorno discografico.
(2008, Wall Of Sound)
01 This Is
02 Williams’ Blood
03 Corporate Cannibal
04 I’m Crying (Mother’s Tears)
05 Well Well Well
06 Hurricane
07 Love You To Life
08 Sunset Sunrise
09 Devil In My Life
A cura di Emanuele Brunetto