L’inizio dell’opera è fulminante: No Face potrebbe essere un opener di Sharon Van Etten e nessuno – s’intenda: nessuno – avrebbe da ridire. Se qualcuno si azzardasse, poi, di lì a poco arriverebbero Jo e Worth It – un binomio quasi senza eguali nelle release annuali. La prima è un dolcissimo blues da far venire i brividi a PJ Harvey, la seconda, semplicemente, una traccia memorabile: un morbido folk che si trasforma prima in un rock frizzantino e poi, sulla coda, in un magnifico exploit slo-core/shoegaze.
Oltre alle reference sopra elencate, non sfuggono tra le note i nomi citati dalla stessa Haley in numerose interviste: Bob Dylan, Vashti Bunyan, Connie Converse, più una passione adolescenziale per Jimi Hendrix. La Heynderickx è bravissima a utilizzare una color palette variegata mantenendo uno stile preciso come un sigillo in ceralacca: così le tinte cupe di Untitled God Song fanno largo al singolo Oom Sha La La, indubbiamente il brano più solare tra gli otto.
Con gli echi evocativi di Drinking Song, si mette il punto a un esordio insieme coraggioso e nel solco della tradizione, che conferma l’eccezionale stato di salute del cantautorato al femminile: mai così vivo dagli anni ‘70 a oggi. Se l’obiettivo è quello di piantare semi per far crescere un rigoglioso giardino: possiamo vederne già gli sterminati acri in dissolvenza. E non sono mica, poi, tanto lontani.
(2018, Mama Bird)
01 No Face
02 The Bug Collector
03 Jo
04 Worth It
05 Show You A Body
06 Untitled God Song
07 Oom Sha La La
08 Drinking Song
IN BREVE: 3,5/5