Questo False Idols, EP di cinque tracce pubblicato a stretto giro, è sì un’appendice estrapolata dalle session dell’ultimo lavoro, ma palesa già dall’iniziale title track il motivo che ha spinto Race e i suoi a prendere questo mucchietto di brani per donargli vita propria: rispetto a “The Spirit”, qui le atmosfere sono decisamente più scure e ruvide. Ciò non vuol dire che questi cinque episodi avrebbero sfigurato se inseriti nell’album, ma è certo come isolati e messi in sequenza rendano sicuramente bene. E tanto basta.
Parlando di blues sporco e malato viene fuori da sé il nome di Mark Lanegan, cui “False Idols” paga pegno in ogni passaggio e soprattutto nella prova vocale di Race, davvero roca in Hematite e nervosa in Lip Service, caratteristiche di cui l’ex Screaming Trees è portatore sano più di qualsiasi altro uomo sulla faccia della Terra. C’è la sabbia ghiacciata delle notti desertiche in Poor Boy, così come il delta del Mississippi sullo sfondo di Magnetic Girl, ma neanche certi inserti orchestrali riescono a nascondere le radici ben salde dell’EP.
Alla fine dei venti minuti d’ascolto ci si ritrova a chiederne ancora, quasi assetati dopo tanta polvere ingollata nella seppur breve traversata: miglior attestato di qualità possibile per un’uscita correttamente valutata come meritevole di autonomia.
(2015, Glitterhouse)
01 False Idols
02 Poor Boy
03 Hematite
04 Lip Service
05 Magnetic Girl
IN BREVE: 3,5/5