Qualche presentazione in più, invece, la necessita il progetto I Feel Like A Bombed Cathedral, nuova creatura dietro cui si cela per l’appunto Cambuzat, un ambizioso progetto che affonda le sue radici nelle lunghe session in studio del francese, in cui la chitarra elettrica e le sue molteplici sfaccettature hanno avuto la meglio su tutto il resto. Il primo (come vedremo) risultato tangibile di ore e ore di registrazioni arriva adesso e si intitola Rec.Requiem, quattro lunghissime tracce per trequarti d’ora di droni da fine del mondo.
Il mantra unico e continuativo di “Rec.Requiem” si perde in un’ambient scurissima che sembra provenire direttamente dal centro della terra, un magma sonoro incandescente e lacerante, che con lentezza ma con costanza corrode tutto ciò su cui si posa. La ripetizione ossessiva dei droni, conditi qua e là da flebile afflati d’elettronica, rifugge il pericolo di accartocciarsi su se stessa in una duplice maniera: la prima è la modalità di registrazione del disco, ovvero la presa diretta, che dà alle tracce un ovvio spettro d’improvvisazione che fa a pezzi i loop; la seconda è l’espressività stessa della chitarra martoriata dagli effetti, con Cambuzat che riesce abilmente a trasmettere un primordiale senso di straniamento.
Il nome del progetto (riferimento alla “Wicked Gravity” di Jim Carroll e poi anche a “Inverno ’85” dei Massimo Volume, che a loro volta l’avevano ripresa) è piuttosto rappresentativo del groviglio sonoro cui viene apposto, una cattedrale isolata in un deserto di solitudine e paranoia, presa d’assalto dalle più subdole elucubrazioni della mente umana. “Rec.Requiem” è solo il primo di una serie di lavori che verranno licenziati dal progetto I Feel Like A Bombed Cathedral, un disco ostico che ha proprio in questa sua caratteristica i più sconfinati e trasversali margini d’evoluzione.
(2019, Dio Drone)
01 Def.
02 Esh.
03 Req.
04 Rev.
IN BREVE: 3,5/5