Nel 2019, quando usciva con quel meraviglioso affresco fatto di jazz e insegnamenti bowieani chiamato “Free” (un costante omaggio all’amico da poco scomparso), dicevamo come quel modo scelto da Iggy Pop per rifarsi sotto a settant’anni suonati fosse il migliore possibile per un artista del suo calibro. Oggi Iggy è ancora qua con una carriera − musicale e non − la cui rilevanza non accenna minimamente ad affievolirsi e con un disco fresco di stampa, Every Loser, che tutto fa tranne che coltivare i semi piantati con “Free”. Peccato, dal canto nostro, perché avremmo davvero voluto sentirlo ancora alle prese con quel canovaccio espressivo. Peccato, più in generale, perché “Every Loser” è un passo indietro nella sua traiettoria musicale, visto che si attorciglia su spunti che gli abbiamo visto tirar fuori decine di volte nel corso degli ultimi quarant’anni e spiccioli.
Precisiamo: se c’è uno che può tornare a ritroso su se stesso senza per questo risultare banale, scontato o ripetitivo è proprio Iggy Pop. Non fosse altro che perché quel passato riproposto allo sfinimento da generazioni e generazioni di musicisti venuti dopo di lui, l’Iguana l’aveva creato e plasmato a propria immagine e somiglianza, è suo di diritto e nessun altro potrà mai rivendicarne la paternità. Ma ecco, “Every Loser” suona tanto come un non necessario attestato di appartenenza, già a partire da Frenzy, primo singolo estratto dal disco e brano scelto per inaugurare la tracklist. Questo Iggy Pop al fulmicotone (Modern Day Ripoff e Neo Punk sono due vere mine anticarro) è sempre un gran bel sentire, ne ha (ancora) da vendere e #%&£@$ in testa a chiunque abbia provato o provi ad emularne l’attitudine, ma siamo in ogni caso in territori ordinari per un’icona straordinaria come Osterberg.
La pletora di collaboratori chiamati a prestare i loro servigi per la realizzazione del disco è roba da Rock & Roll Hall Of Fame: Andrew Watt alla produzione, poi Chad Smith, Duff McKagan, Travis Barker, Stone Gossard, Dave Navarro, Eric Avery, Josh Klinghoffer, Taylor Hawkins… con l’aggiunta dell’artwork affidato a Raymond Pettibon. Ed era quindi inevitabile che “Every Loser” saltasse fuori esattamente così, tra sferragliate heavy come in All The Way Down e progressioni marcatamente eighties come in Strung Out Johnny e nella patinata Comments. Nel mezzo, una ballatona come Morning Show ci riporta per un attimo all’Iggy Pop più cadenzato di “Free”, addolcendo una prova vocale che per il resto non si risparmia mai in quanto a graffio.
L’avevamo detto parlando del disco del 2019 e lo ripetiamo anche adesso: Iggy Pop non ha nulla da dimostrare a nessuno, può permettersi di fare praticamente tutto ciò che vuole, come del resto ha fatto per la sua intera esistenza, artistica e non. E se a settantacinque anni questo è ciò che gli passa per la testa… ben venga, che in giro per il mondo ci sono tante wannabe rockstar che hanno bisogno di un ripassino sul concetto di “indole punk”: in questo senso “Every Loser” è il corso accelerato giusto per iniziare il nuovo anno con i migliori propositi.
— 2023 | Atlantic/Gold Tooth —
IN BREVE: 3/5