Senza perdersi in divagazioni sul sesso degli angeli, la soundtrack qui in oggetto è semplicemente un’opera magnifica, senza dubbio la più classica (intesa proprio come: musica classica) realizzata dal genio dei Radiohead. L’omonima traccia, riproposta in quattro differenti momenti, fa da filo tutt’altro che nascosto dell’album, scandendone proprio l’incedere con precisione geometrica. È un tema memorabile, che ben rende tensione e distensione: poli opposti del narrato filmico. Ai turbamenti di The Hem seguono meravigliosi specchi di placida malinconia, che culminano nell’indimenticabile Alma, la cui seconda parte uccide tuttavia il precedente e generale stupor mundi.
A questo punto, l’anima centrale prosegue con umore incerto, basculante, teso più ad accentuare un velo di minaccia, preoccupazione, torto: sino all’apertura arpeggiante di Catch Hold. Cambia nuovamente l’umore: si fa dolce, dilatato, quasi allegro (That’s As May Be), ma le nubi sono in agguato. La terza reprise di Phantom Thread è quella più apocalittica, ma ecco che il tono si riassesta – stavolta definitivamente – sui binari della più gloriosa malinconia. Ce lo mostra il disadornissimo quarto mo(vi)mento, ce lo conferma la chiosa, scintillante, affidata al pianoforte di For The Hungry Boy.
In attesa che il lungometraggio di PTA faccia finalmente la sua apparizione anche nelle sale italiane, il lavoro di JG non può che aumentarne a dismisura l’hype vidimando ciò che già da tempo si legge in giro: “masterpiece”. Come dire, insomma: se già la colonna sonora fa venire i brividi, quanto sarà forte l’abbraccio con l’immagine?
(2018, Nonesuch)
01 Phantom Thread I
02 The Hem
03 Sandalwood I
04 The Tailor Of Fitzrovia
05 Alma
06 Boletus Felleus
07 Phantom Thread II
08 Catch Hold
09 Never Cursed
10 That’s As May Be
11 Phantom Thread III
12 I’ll Follow Tomorrow
13 House Of Woodcock
14 Sandalwood II
15 Barbara Rose
16 Endless Superstition
17 Phantom Thread IV
18 For The Hungry Boy
IN BREVE: 4/5