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Julie’s Haircut – In The Silence Electric

Ci perdoneranno, speriamo, i Julie’s Haircut se li definiamo “maturi”; sono ormai sulle scene da venticinque anni, ma non è questione anagrafica. Per spiegarne la maturità le parole servono a poco, basta invece ascoltare il primo dei due album pubblicati in questo 2019: “Music From The Last Command”, realizzato su invito del Museo del Cinema di Torino è una colonna sonora per il capolavoro del 1928 “L’ultimo crepuscolo” e non è solo un album eccellente (non sarebbe una novità per Giovanardi e soci) ma è anche una colonna sonora eccellente, altamente strutturata, coerente con il tema… “matura”, ecco, per una band che generalmente naviga nel kraut, nello psych e in tutti quei generi dai nomi buffi che vogliono tendenzialmente dire che fai musica psichedelica libera dagli schemi.

In questa seconda prova dell’anno, che arriva a due anni e mezzo di distanza dal precedente “Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin” (2017)si torna verso il tracciato segnato con “Ashram Equinox”(2014), ma invero iniziato con “After Dark, My Sweet” (2011)Visti i numerosi impegni, i Julie’s Haircut dovrebbero – teoricamente – essere stanchi e invece eccoli qui, freschi come una rosa a dimostrare ulteriormente come siano all’apice della carriera.

Più strutturato e meno “free” del suo predecessore, si fatica a trovare punti deboli a In The Silence ElectricLe dinamiche, ad esempio, spesso forniscono degli uno-due da KO, come nel caso dell’accoppiata composta da Lord Help Me Find The Way, ipnotica e morbida, e Sorcerer, spigolosa e pulsante, o quella iniziale Anticipation Of The Night (che sembra quasi una ideale compagna per la “Zukunft” del predecessore) morbida ed eterea e vicina alle atmosfere degli Yo La Tengo, ed Emerald Kiss, ruvida e con un riff di cemento che lentamente evapora all’interno dei droni e di un breve solo di sax. 

Se un difetto vogliamo trovare è che “In The Silence Electric” si perde un po’ d’animo nella parte centrale, prima di rientrare col miglior pezzo dell’album, quella Pharaoh’s Dream che con ritmi tribali e sassofono (forse un’ispirazione dal genio di Pharoah Sanders?) materializza tutte le suggestioni dell’album in poco più di tre minuti e mezzo. I Julie’s Haircut hanno trovato una direzione: quella del non avere una particolare direzione, pur sapendo perfettamente dove andare. Ed è il viaggio la parte migliore.

(2019, Rocket)

01 Anticipation Of The Night
02 Emerald Kiss
03 Until The Lights Go Out
04 Lord Help Me Find The Way
05 Sorcerer
06 Darlings Of The Sun
07 In Return
08 Pharaoh’s Dream
09 For The Seven Lakes

IN BREVE: 4/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.

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