La formula incantata della Nadler non muta col suo settimo sigillo discografico, July. Sono undici ballate acustiche sospese in umbratili scenari fiabeschi, un’oscura trasfigurazione dei voli pindarici della Hope Sandoval solista.
“July” contiene vette di pura poesia cantautorale, si schiude nel delicato arpeggio di Drive che si abbandona poi alla gelida brezza invernale nel ritornello, fragile e multiforme come una dalia di cristallo.
L’elegia di 1923 accarezza l’anima arcana dei Dead Can Dance di “The Carnival Is Over”, la desolata ninna nanna di Firecrackers si dissolve tra le ombre della notte. L’imponente Dead City Emily è un tempio d’arpeggi avvolto nella nebbia, Desire si dipana nel fluido amniotico dei Fovea Hex, mentre le dissonanze di Anyone Else mettono in contatto la Nadler con Alexander Tucker, alchimista dello psych-weird-folk anglosassone.
Dall’elegante e spoglia magnificienza, “July” eleva ulteriormente il talento della Nadler, che affresca toccanti scenari emotivi senza mai cadere nella banalità o indugiare malamente nei luoghi comuni del genere. La produzione è affidata a Randall Dunn, uno che in catalogo ha Sunn O))) e Wolves In The Throne Room e la patina di oscuro dolore che riveste questi undici solchi appare non del tutto casuale.
(2014, Sacred Bones / Bella Union)
01 Drive (Fade Into)
02 1923
03 Firecrackers
04 We Are Coming Back
05 Dead City Emily
06 Was It A Dream
07 I’ve Got Your Name
08 Desire
09 Anyone Else
10 Holiday In
11 Nothing In My Heart
IN BREVE: 4/5