Un sound ruvido e che alla connotazione punk rock da Clash più “strutturati”, oppure da Pogues per la propensione alle ballad (“How Many Stars”, “In The Desert”), guarda agli Stati Uniti, persino alla musica country, con tanto di live negli anni d’oro con cappelloni da cowboy, uno spirito che è chiaramente più apprezzato dall’altra parte dell’oceano che qui nella vecchia Europa e nel Regno Unito. Forse è proprio questa la ragione che fa sì che il nuovo disco, Deserted, venga proposto in Europa in via apparentemente eccezionale dalla Glitterbeat, che ne ha saputo cogliere questo approccio e premia alcune scelte come i riferimenti a Arthur Rimbaud in Harar 1883 e all’immaginario ispirato dalle fotografie di Greenhalgh scattate in Etiopia.
Nel complesso, tuttavia, i riferimenti vanno comunque a una musica rock che vuole essere impegnata ma che non propone poi tutto sommato nulla di nuovo. Il suono delle chitarre elettriche, accompagnato da vigorosi stacchi di batteria, è qualche volta più tagliente come nel caso di In The Sun / The Galaxy Explodes, altre assume quella forma di sciame o agevolata dal suono di strumenti a corde come il violino (vedi Mirage e nel secondo caso Weimare Vending Machine / Priest?), oppure uno stile più pop come nel caso di After The Rain.
Il disco entusiasmerà gli appassionati e chi non cerca particolari novità sul piano del suono e vuole una purezza anche ideologica nei propri ascolti, ma se questo si può ritenere un ritorno gradito l’onestà vuole che si consideri anche l’assenza di spunti veramente degni di nota in un album che sa di “vecchio”. Il fatto che forse voglia suonare proprio così, possiamo considerarlo un atto di devozione e la volontà di essere fedeli a se stessi. Ma questo poi, nel momento in cui tiriamo le somme, conta veramente poco.
(2019, Glitterbeat / Bloodshot)
01 Lawrence Of California
02 Harar 1883
03 Into The Sun / The Galaxy Explodes
04 How Many Stars?
05 In The Desert
06 Mirage
07 Weimar Vending Machine / Priest?
08 Andromeda
09 After The Rain
IN BREVE: 1,5/5