Con The Monsanto Years siamo a 36 dischi in praticamente 50 anni di carriera, una sorta di miracolo compositivo per il vecchio Neil. Un album di denuncia quest’ultimo, un’invettiva con un bersaglio ben preciso: la Monsanto Company, multinazionale che si occupa di biotecnologie in ambito agroalimentare. Un dito, quello di Young, puntato contro la produzione di pesticidi, il trattamento poco trasparente degli alimenti, l’universo degli OGM e dei sementi geneticamente modificati, “farina” del secco della Monsanto. Ma, più in generale, un urlo di rabbia contro un mondo irrimediabilmente intossicato. “I sogni del passato tornano impetuosi alla mente del contadino – canta Young nella title track – Sua madre, suo padre, i semi che erano doni di Dio, non della Monsanto!”.
Musicalmente, ecco che l’albo è una pozione rock (+ blues + country + seventies), bastano pochi sorsi per trovarsi al centro del mondo youngiano: la storia, il rock’n’roll, un po’ di sana retorica, l’America, le macchine che si lasciano dietro la polvere del passato. Ad aiutarlo nella ricostruzione del suo scenario, questa volta, ci sono i Promise Of The Real di Lukas Nelson (e del fratello Micah), figli di quel Willie Nelson che meglio di tutti ha saputo iniettare il germe del country rock.
E mai un disco di Neil Young è inutile, cioè… è chiaro che la rivoluzione della musica non può più passare dalle sue dita, ma ricordare che il rock è questione di spremuta di budella e cuore, non è compito poi così pleonastico. Così come non lo è mordere costantemente le caviglie dei signoroni che trattano il mondo a loro pitale privato.
(2015, Reprise)
01 A New Day For Love
02 Wolf Moon
03 People Want To Hear About Love
04 Big Box
05 A Rock Star Bucks A Coffee Shop
06 Workin’ Man
07 Rules Of Change
08 Monsanto Years
09 If I Don’t Know
IN BREVE: 3/5