Tre anni di silenzio (con in mezzo gli Shrinebuilder in cui Hakius e Cisneros sono insieme) e sboccia ora Advaitic Songs, ennesimo inno spirituale che prende sempre più le distanze dal passato dell’unico superstite ex-Sleep. Cisneros tesse le sue trame di basso, che senza i Tool e i Pink Floyd di “Set The Control For The Heart Of The Sun” non sarebbero mai potute esistere e ne allarga la tavolozza cromatica con archi, pianoforti ed elementi percussivi che disegnano tutto intorno le vette aguzze delle montagne del Tibet. Pregno di musica sufista, “Advaitic Songs” ha un’essenza meditativa e arcana.
L’opera più lunga e strutturata degli Om è battezzata dalla liturgica litania di Addis che dà il là ai ben più complessi spartiti che la seguono: Gethsemane maneggia chiaroscuri kraut e si espande su vibrazioni cosmic-rock; Sinai, che mira a sottrarre a “Pilgrimage” la palma di brano migliore dell’intero repertorio del progetto, albeggia su un sinuoso canto da moschea, serpeggiando poi incattivita verso un tramonto rutilante che gocciola sui granelli di sabbia del deserto. L’impeto doom trabocca dalla dirompente State Of Non-Return, galoppante nella sterpaglia della Giordania.
Gli intrecci tra gli archi e le scale del basso di Cisneros, la cui voce si staglia sulle frequenze chete degli asceti, sono ipnotici e sospingono ogni singolo scorcio verso uno spazio oscuro di non-esistenza, l’interruzione del karma che conduce all’estinzione dell’Essere. Ancora qualche piccola carenza nel songwriting si intercetta qua e la, ma gli Om sono ormai ad un passo dalla assoluta perfezione formale. Dire che fremiamo già per il prossimo episodio non è una ruffiana esagerazione.
(2012, Drag City)
01 Addis
02 State Of Non-Return
03 Gethsemane
04 Sinai
05 Haqq Al Yaquin