Scrivere di un lavoro come questo non è nulla di semplice, ma mai lo è stato per una band che ha dettato da protagonista, soprattutto in passato, i ritmi di un genere complicato come il progressive metal. Quattro perle inarrivabili all’inizio della carriera, in un processo di maturazione compositiva che ha pochi eguali nella storia della musica, sfociato in quel masterpiece che è “BE”, un lavoro che racchiude, con una personalità indefinibile, rock, folk, metal, uomo, anima, bene, male, Dio. Il processo di evoluzione musicale di Daniel Gildenlöw porta poi i PoS ad allontanarsi dalle origini, abbracciando le sonorità più soft e ricercate degli ultimi lavori, passando però da un album come “Scarsick” che aiuta a identificare l’indecisione di fondo e la fragilità di un leader che ha sperimentato tanto senza forse aver mai effettivamente scelto che percorso seguire nel suo songwriting, ma lasciandosi più che altro trasportare del proprio talento e dalle proprie esperienze a livello personale.
Tutto ciò è espresso chiaramente in In The Passing Light Of Day, un lavoro che nasce dopo alcuni cambi di line-up che hanno stravolto l’assetto della band ma soprattutto dopo la malattia di Gildenlöw, costretto in un letto di ospedale causa una infezione. E la malattia, la sofferenza, l’ansia, la paura della morte sono elementi ricorrenti in tutto il disco, nei testi e nelle sensazioni che la musica dei PoS riesce a evocare.
Musicalmente questo “In the Passing Light of Day” è summa di buona parte dell’esperienza musicale di Gildenlöw e lo si intuisce dal primo brano On A Tuesday: intro heavy, strofe interpretate, refrain cathcy in perfetto stile “The Perfect Element”. Tongue Of God è un brano oscuro, dal retrogusto doom e con un incedere straziante. Meaningless, singolo di lancio dell’album, è scritto integralmente da Zolberg e in parte da lui cantato, fino al chorus a due voci in cui la fanno da padrone Gildenlöw e la sua estensione vocale. La melodia è accattivante e rende nel complesso questo pezzo uno dei punti di forza dell’album.
Silent Gold funge da pacato e triste ponte per un altro brano cardine del lavoro: Full Throttle Tribe. La ritmica è sincopata, la melodia assonante (c’è profumo di Opeth) ed il riffing ha la giusta decisione. Reasons, secondo estratto e composizione decisamente interessante, stacca leggermente da quanto ascoltato finora. È un brano a più facce, progressive dei late ‘60 si fonde con chitarre decisamente pesanti, quasi nu-metalliche con un richiamo meshugghiano. In Angels Of Broken Things sono ancora solitudine e tristezza a dettare i ritmi del brano, tra l’altro unico sul quale sia presente un solo di chitarra. The Taming Of A Beast e If This Is The End fungono da preparativo per la title track conclusiva. Sono pezzi discreti ma nell’insieme del lavoro possono passare un po’ inosservati, soprattutto a causa del brano che introducono. 15 minuti di livello altissimo in cui tutte le sensazioni, le emozioni e le sonorità ascoltate nell’ora precedente si fondono e vengono rilasciate sotto forma di urlo di speranza. Fine.
Nel complesso il disco è molto buono, si fa apprezzare il ritorno a suoni heavy, così come il ventaglio di emozioni che è capace di generare nell’ascoltatore. Note negative? Sì, alcuni passaggi fuori contesto, una prolissità di fondo quasi inspiegabile (la title track potrebbe essere una delle loro canzoni migliori se durasse la metà) e la voce di Gildenlöw che purtroppo non può più garantire le prestazioni allucinanti di 15 anni fa; fortunatamente una cosciente capacità interpretativa e l’aiuto di Zolberg riescono a mitigarne gli effetti.
(2017, InsideOut)
01 On A Tuesday
02 Tongue Of God
03 Meaningless
04 Silent Gold
05 Full Throttle Tribe
06 Reasons
07 Angels Of Broken Things
08 The Taming Of A Beast
09 If This Is The End
10 The Passing Light Of Day
IN BREVE: 4/5