Gli sperimentalismi del precedente “Sonik Kicks” sono qui solo velatamente accennati, con un uso degli inserti elettronici che testimonia ancora una volta l’innata propensione del Modfather per l’evoluzione, il suo non saper mai stare fermo a crogiolarsi nell’auto-compiacimento. Ma per l’appunto sono solo accenni, perché è il Weller più classico a prevalere, quello che prende nuovamente spunto dai mostri sacri della sua formazione: Long Time, ad esempio, ha un qualcosa di reediano nel suo incedere narrativo e in quella chitarra primordiale, mentre la title track e Going My Way sono un McCartney in salsa mod che ha come risultato un’esplosione di charm compositivo.
C’è tanta musica nera nelle trame di White Sky (un po’ di gospel), Pick It Up (un po’ di soul) e In The Car… (un po’ di blues), ma anche un bel groviglio di psichedelia in Phoenix, negli oltre otto minuti della conclusiva These City Streets e in svariati altri momenti all’interno del disco.
Dal punto di vista delle lyrics il privato viene fuori pochissimo, molto, molto meno che in passato, segno concreto di quel benessere che, stando alle ultime interviste rilasciate, pare essere il leitmotiv del Weller maturo, intento adesso a una scrittura ben più immaginifica. “Saturns Pattern”, così, non veste i panni del capolavoro solo perché la firma apposta è di quelle ingombranti, ma nella pratica è un album completo, gradevolissimo e con classe da vendere.
(2015, Parlophone)
01 White Sky
02 Saturn’s Pattern
03 Going My Way
04 Long Time
05 Pick It Up
06 I’m Where I Should Be
07 Phoenix
08 In The Car…
09 These City Streets
IN BREVE: 3,5/5