Tra tutto questo, neanche David Thomas poteva immaginare che i Pere Ubu avrebbero portato la propria danza moderna a sculettare fino ad oggi, con trent’anni di foga alle spalle. E invece sono qui con questo 20 Years In A Montana Missile Silo. Un disco selvaggio che costringe a scrollarsi di dosso un po’ di ruggine. Un disco che scuote come una grandinata improvvisa. I Pere Ubu provocano tremori con il loro rock’n’roll da fine del mondo: Monkey Bizness, Toe To Toe, Red Eyes Blues sono raffiche di vento irrequieto, il theremin di Robert Wheeler è un’onda elettromagnetica che spettina anche i più forti, e poi le tre chitarre in gioco creano un’orchestra rumorosa, rude.
Thomas provoca, fa il suo gioco: “Volevo chiamare il disco Bruce Springsteen è uno stronzo, poi ho cambiato in Robert De Niro è uno stronzo, poi ho lasciato perdere”. E la provocazione è letteraria e auditiva. Funky scordato (Funk 49), blues destrutturato (Howl). In Plan From Frag 9, poi, c’è di tutto: il racconto asciutto di Thomas, il crepitio dell’elettronica, un clapping beffardo, una batteria marziana, un’eco floydiano. In The Healer i ritmi si rallentano e arriva pure un clarinetto sfigurato.
Ma quando cade forte la grandine e batte sui tetti delle macchine. Quando tintinna sui vetri delle finestre e crepita sugli ombrelli. Quando scroscia sulle pozzanghere e scoppietta sui marciapiedi. Alzi lo sguardo al cielo e ti scuoti per sentire fin dove arriverà lo sfacelo. Ed è il rock questo. È il rock dei Pere Ubu. Ieri come oggi.
(2017, Cherry Red)
01 Monkey Bizness
02 Funk 49
03 Prison Of The Senses
04 Toe To Toe
05 The Healer
06 Swampland
07 Plan From Frag 9
08 Howl
09 Red Eye Blues
10 Walking Again
11 I Can Still See
12 Cold Sweat
IN BREVE: 3/5