L’album nella sostanza non presenta elementi di rottura rispetto al sound seminale della band, inanella dodici tracce che pescano a ritroso in quella fine anni ’80 che segnò indelebilmente la storia del rock indipendente, senza rischiare ma senza quei guizzi che hanno contribuito a piazzare i Pixies sul palmo delle mani di decine di altre formazioni a loro successive. Al contrario del suo scialbo predecessore, “Head Carrier” ha un’anima e una forma tutte sue (oltre che dinamiche natali ben diverse e lineari), non sconvolge per potenza ma non ha neanche la mollezza che ti aspetteresti dal Frank Black imbolsito del post reunion.
Non si fa affatto fatica a trovare familiarità con il graffio chitarristico di Baal’s Back o Um Chagga Lagga, con l’inizio tremendamente à la “Where Is My Mind?” di All I Think About Now (non può davvero trattarsi di una coincidenza) e persino col sapore pop di Classic Masher, che condensa un’altra delle caratteristiche identificative dei Pixies nei loro passaggi più cazzoni. Ma è tutto il disco a regalare un effetto déjà vu sempre in bilico fra il “dai, ci stanno ancora dentro” e il “no, qui avete proprio esagerato”, tra canonici climax su/giù/su, melodie ficcanti e un’impalcatura compositiva protetta da certezze granitiche: le urla gracchiate di Black, le rasoiate di Joey Santiago e la ritmica puntuale di David Lovering.
E al basso? Lì non c’è più Kim Deal e neanche la sostituta della prima ora Kim Shattuck, adesso il posto è di una Paz Lenchantin (già A Perfect Circle, Zwan e molteplici altri progetti) che pare davvero a suo agio accanto ai tre monoliti titolari del marchio Pixies, così tanto da prestare la voce alla già citata All I Think About Now, brano peraltro dedicato alla Deal, in un virtuale e romantico passaggio di consegne che dà stabilità alla line-up della band (consigliata la lettura del testo).
Non è questo l’album dei Pixies di cui avevamo bisogno, ma è il miglior album che questi Pixies potevano darci, siamo al cospetto di una leggenda e le leggende hanno bisogno di essere coltivate, riproposte e assecondate, senza colpi di coda che rischino di scarabocchiarne il valore. “Head Carrier” fa tutto ciò con apparente semplicità, dunque può andar bene così.
(2016, Pixiesmusic / PIAS)
01 Head Carrier
02 Classic Masher
03 Baal’s Back
04 Might As Well Be Gone
05 Oona
06 Talent
07 Tenement Song
08 Bel Esprit
09 All I Think About Now
10 Um Chagga Lagga
11 Plaster Of Paris
12 All The Saints
IN BREVE: 3/5