È un album importante questo decimo lavoro in studio dei Pixies, non fosse altro che per una pura e semplice questione numerica e storica, visto che con The Night The Zombies Came la formazione americana pareggia il numero dei dischi pubblicati post reunion con quelli arrivati pre scioglimento. Certo non parliamo di due ere paragonabili in termini di rilevanza e qualità della produzione, ma è un dato significativo che fa capire come i Pixies siano ancora vivi e vegeti, pienamente attivi e non soltanto per i (numerosi) live che portano costantemente in giro per il mondo. Black Francis, Joey Santiago e David Lovering hanno peraltro messo in atto l’ennesimo rimpasto all’interno della formazione, cambiando ancora una volta bassista: dopo l’epopea insieme a Kim Deal, la parentesi live con la compianta Kim Shattuck e da ultima Paz Lenchantin, tocca adesso all’ex Band Of Skulls Emma Richardson ricoprire la prestigiosa posizione alle quattro corde.
Cosa cambia nella sostanza rispetto al precedente “Doggerel” (2022)? Praticamente nulla, nel senso che i Pixies sono ormai una band ben tarata su questa nuova dimensione matura, in cui tutti gli elementi in campo s’incastrano in maniera praticamente automatica: il chitarrismo ricercato di Santiago in pezzi come Hypnotised e Motoroller è sempre quello che ha reso la band fondamentale nell’evoluzione dell’indipendente americano; la passione per il folk sbilenco di Black trova anche qui la sua valvola di sfogo, come nell’iniziale Primrose; Richardson s’inserisce nel solco di chi l’ha preceduta ritrovandosi spalla di Black in passaggi come la conclusiva The Vegas Suite, dando così una continuità formale non indifferente. E poi ci sono il tiratissimo punk’n’roll di Oyster Beds (roba da sempre nelle corde dei Pixies) e la scrittura surreale di Black, che si concentra stavolta su storie halloweenesche di polli (Chicken) e atmosfere da b-movie (la quasi title track Jane).
Non saranno più una band in grado di cambiare le carte in tavola nel grande scacchiere della musica mondiale (ma lo hanno già fatto una volta, cosa che alla stragrande maggioranza dei colleghi non è invece mai riuscita), non avranno magari più tantissimo da dire in quanto a contenuti, ma i Pixies restano ancora una band cui dare la giusta attenzione, perché sono sul pezzo, ci sono, sono qui e adesso guardando il giusto al loro ingombrante passato e funzionano ancora dannatamente bene, anche col pilota automatico inserito come abbiamo avuto modo di vederli dal ritorno sulle scene in poi. Dei vecchi rocker cui la sorte − e la perseveranza − ha regalato una seconda carriera.
2024 | BMG
IN BREVE: 3/5