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Primus – The Desaturating Seven

L’estrema libertà rischia di diventare, se non lo è già, croce e delizia dei Primus. La creatura del più incredibile bassista che la musica contemporanea abbia concepito, ha da sempre avuto la possibilità di sperimentare e produrre qualsiasi forma musicale sia mai stata ideata da parte del suo eclettico frontman.

Laddove le case discografiche dei giorni nostri, forti di un modello aziendale “moderno” (massimo profitto, minimo costo, nessuno spreco) hanno spesso guidato (per non dire rovinato) intere carriere, Les Claypool e i suoi ben selezionati seguaci continuano come in passato a godere di una libertà di espressione pressoché totale. Sono ormai lontanissimi i tempi di “Frizzle Fry” (1990) e “Pork Soda” (1993), ma i Primus attuali per certi versi continuano a vivere e respirare quella giocosa leggerezza accompagnata da slap e tap di basso funk che ne è trademark da trent’anni e li identifica come unici in un calderone alternative che li ha comunque sempre idolatrati e spinti a continuare, appoggiando forse anche con troppa convinzione ogni deviazione dal percorso principale.

Il precedente “Primus & The Chocolate Factory With The Fungi Ensemble” è stato un mezzo disastro sotto molti punti di vista. Dopo il ritorno sulle scene, atteso più di dieci anni, con l’ottimo e quadrato “Green Naugahyde”, l’infantile pazzia a tema Willy Wonka ha posto un enorme punto interrogativo sullo status attuale di una band che, seppur rinforzata dello storico (e seminale) drummer Tim Alexander, è parsa in completa balìa dell’isterismo megalomane di un Les Claypool come mai fuori controllo e probabilmente succube del proprio ego.

The Desaturating Seven è per alcuni aspetti un ritorno alla “normalità” sonora, sebbene la storia di fondo sia ancora incentrata su tematiche puerili tratte da un libro per bambini particolarmente amato da Les e famiglia. Il lungo intro narrato The Valley, quasi essenziale nella presentazione di un lavoro così concept based, è comunque identificativo di come questo LP di soli 35 minuti risulti, in fin dei conti, uno spreco delle (poche) buone idee che a sprazzi fanno capolino tra le sette tracce. A parte The Seven e The Scheme, in cui l’esemplare incedere del basso di Claypool è ben coadiuvato dal sempre preciso drumming di un Alexander tecnicamente perfetto, “The Desaturating Seven” è nel suo complesso un mix di alti e bassi, troppo breve ed eterogeneo per essere apprezzato appieno.

Le lunghe sezioni strumentali, di cui la tribale The Dream e la closer The Ends? ne sono un esempio nella loro interezza, nonostante la funzione di collante narrativo e atmosferico rilegano la possibilità di espressione musicale a una manciata di pezzi, che finiscono per dover essere valutati indipendentemente. The Trek, poliedrica composizione dalle molteplici forme, trova la sua forza in uno scomposto ritmo dalle tinte folkeggianti, accompagnato da una sentita interpretazione vocale. The Storm, dopo l’ennesimo e prolisso intro strumentale, esplode in uno dei migliori brani che i Primus abbiano mai composto, con un sapore che riporta mente e orecchio a un capolavoro come “Eclectic Electric”, una delle massime dimostrazioni del potere compositivo di Claypool. The Storm è semplicemente troppo bella per passare inosservata e non raccogliere la maggior parte delle attenzioni, quanto troppo isolata per cambiare le sorti di un disco mediocre.

Con molta probabilità solo i fan più accaniti sapranno trovare la giusta longevità in un album del genere. Non si tratta di non essere aperti mentalmente ai cangianti approcci del trio di Richmond, quanto più affrontare la realtà che negli ultimi tempi comporre del sano heavy funky non è più la priorità di questo genio contemporaneo che potrebbe, anche solo per amore della propria fan base allargata, abbandonare boriose divagazioni e relegarle alla propria carriera solista.

(2017, ATO)

01 The Valley
02 The Seven
03 The Trek
04 The Scheme
05 The Dream
06 The Storm
07 The Ends?

IN BREVE: 2,5/5

Da sempre convinto che sia il metallo fuso a scorrere nelle sue vene, vive la sua esistenza tra ufficio, videogames, motociclette e occhiali da sole. Piemontese convinto, ama la sua barba più di se stesso. Motto: la vita è troppo breve per ascoltare brutta musica.

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