Per lo più è la Collica a prestare la voce al disco, con una grazia che colpisce dritta al cuore: a cominciare dall’iniziale Conflicted, impreziosita da orchestrazioni senza tempo che puntano – riuscendoci – alla fascinazione. In Mare Grosso viene fuori un tocco à la Cristina Donà, poi Never Been Away e Morning After che mostrano vene psichedeliche mai sopite nella musica dei due, così come l’andamento trasognato dei cinque minuti della conclusiva City Lights, un affresco liquidissimo che fa del languore eighties la propria colonna vertebrale.
Unico brano in cui è il solo Hugo Race a recitare è Double Life: brilla la performance di un musicista che nella sua carriera ha raccolto meno consensi di quelli meritati. Giusto un paio (a parte le sempre presenti controvoci) i momenti in cui le parole dei due s’incastrano fra loro: il singolo Shallow Tears e Young Desire, in cui Race e Collica duettano come i migliori Lanegan e Campbell, per un folk rock d’annata che fa raggiungere al disco picchi d’espressività.
Tutto l’album, inoltre, ha un certo afflato cinematografico che lo attraversa dal primo all’ultimo minuto, con due strumentali a dividerlo, Air Berlin e La Fuga, che rendono bene il concetto di un lavoro che dipinge immagini per le orecchie: un dolcissimo pianoforte autunnale la prima, un jazz da romanzo noir la seconda.
Discorso a parte, infine, merita Cold & Blue, la sintesi perfetta di quanto detto, miglior traccia del disco e fra i brani più suggestivi ascoltati in questo 2013: la Collica si destreggia in uno spoken da titoli di coda, l’eterea base di fiati e percussioni richiama alla mente il trip hop meno fumoso dei Portishead e il risultato è da 10 e lode. Ce ne fossero di lavori del genere, bentornati.
(2013, Interbang)
01 Conflicted
02 Shallow Tears
03 Mare Grosso
04 Never Been Away
05 Double Life
06 Air Berlin
07 Morning After
08 Young Desire
09 Cold & Blue
10 La Fuga
11 City Lights