Non stupisce, dunque, che l’esplosiva combinazione fra la passione della Khan e i lunghi viaggi kraut/psych/shoegaze dei TOY abbia dato vita a un disco, quest’omonimo Sexwitch, impregnato di misticismo in ogni frammento. Sei cover di brani della tradizione folk/psichedelica di Iran, Marocco, Tailandia e Stati Uniti, reinterpretati dalla nuova creatura Sexwitch con l’aiuto del produttore Dan Carey (già a lavoro in passato con la Khan).
Fin dall’iniziale Ha Howa Ha Howa, le percussioni e i tribalismi si rivelano il fulcro su cui ruota l’intero album, frutto del lavoro di una band come i TOY, abituata eccome a fondare il proprio sound sulla ritmica. L’altro punto di forza della loro musica, le sciabordate chitarristiche, qui vengono invece meno, confinate alle retrovie dei brani come nel caso di War In Peace, proprio per lasciare il massimo spazio possibile a basso e batteria.
La vena sixties/seventies che attraversa l’album è fortissima non solo nella musica ma anche nelle pulsioni vocali della Khan, a tratti incomprensibile, a tratti sciamanica, a tratti demoniaca, pulsioni che hanno il loro culmine nei due minuti conclusivi di Kassidat El Hakka, lunghissimo mantra in cui ogni elemento viaggia in solitario senza per questo perdere la connessione con gli altri.
La pecca di un disco del genere sarebbe potuta essere la sua estrema natura sperimentale, ma nella sostanza il problema viene aggirato abilmente grazie proprio al lavoro in fase di produzione, che fa suonare moderni brani altrimenti ascrivibili a 4/5 decadi fa. Difficile ipotizzare un seguito per il progetto Sexwitch, ma questo debutto basta e avanza per aggiungere un altro fiore all’occhiello nelle rispettive discografie dei protagonisti.
(2015, The Echo Label Limited/ BMG)
01 Ha Howa Ha Howa
02 Helelyos
03 Kassidat El Hakka
04 Lam Plearn Kiew Bao
05 Ghoroobaa Ghashangan
06 War In Peace
IN BREVE: 3,5/5