Approccio A: è un esordio ben scritto, ben suonato, ben prodotto; ha la giusta energia, la giusta cazzimma, i giusti testi; non sarà mai considerato un progresso sonoro nella storia né del genere, né più ampiamente della musica rock; ma chi se ne frega. Approccio B: è inconcepibile parlare ancora di post punk nel 2018; era già roba vecchia vent’anni fa; non si sente mai niente di nuovo in giro; e questi sono pure ragazzi. Con tutto il rispetto per l’Approccio B, chi scrive non è mai stato di quella chiesa. Anzi. Chi scrive apprezza prima su disco e poi spessissimo dal vivo band simili e spera che possano nascerne altre così stantie, antiche, démodé. Avercene di opener come Dust On Trial: tagliente, cattiva, spigolosa, ordinata; attraversata dai sussurri e dalle grida di Charlie Steen, sicurissimo punto di forza della formazione.
La band, semplicemente, funziona in ogni suo elemento: gli Shame suonano insieme da quando erano a scuola, si conoscono, sono cresciuti parallelamente – e si sente. Si sente nella “classica” Concrete, che gioca coi duri spasmi e i dolci intermezzi nel miglior modo; si sente nel divertente singolo One Rizla, nell’iconica Tasteless, nella dark Gold Hole. Assieme alla voce, le chitarre di Sean Coyle-Smith ed Eddie Green rappresentano forse l’altro vero high peak della compagine – che trova col basso di Josh Finerty e la batteria di Charlie Forbes la quadratura perfetta di un cerchio invidiabile.
Dicevamo: due approcci, Approccio A e Approccio B. L’Approccio A è quello che ha permesso all’ascoltatore di godere dei Protomartyr, dei Preoccupations, degli Iceage – per fare alcuni nomi degli ultimi tempi. L’Approccio A è quello che permette all’ascoltatore di godere di “Songs Of Praise”, a ragione, con un certo gusto. Con tutto il rispetto per l’Approccio B, dunque: viva l’Approccio A. E lunga vita agli Shame.
(2018, Dead Oceans)
01 Dust On Trial
02 Concrete
03 One Rizla
04 The Lick
05 Tasteless
06 Donk
07 Gold Hole
08 Friction
09 Lampoon
10 Angie
IN BREVE: 3,5/5