Oggi Robin torna a gettare “l’ancora Sophia” ormeggiando almeno per un po’. As We Make Our Way (Unknown Harbour) è un disco che ci voleva: per lui, per noi, per certa musica densa. Perché è questo che i Sophia sanno fare da vent’anni: dare un senso alla schiuma del mare, al movimento delle onde, all’inesorabile dondolio di una barca in mezzo al nulla. Sanno suonare la solitudine i Sophia, sanno fantasticare sulla bava di luce del sole all’orizzonte e sul viaggio.
Robin salmodia da un’imbarcazione scarna, come in Don’t Ask, in cui quel “…everybody running from something”, ripetuto come un mantra e appoggiato s’un arpeggio morbidissimo, allieva il dolore della fuga e del risentimento. “…Unknown Harbour”, così, è un disco triste ma bello. Racconta lo spaesamento nell’attesa di sbarcare tra gli approdi di un porto sconosciuto, sensazione che, in The Drifter, è ben definita dal rock liquido e ondeggiante. Non solo malinconia però: California e St.Tropez/The Hustle sono pezzi più lividi e indispettiti dove, se splende un sole (riportato in musica da effetti elettronici e qualche aumento di frequenze), è quello che irradia il fastidio per l’ipocrisia e la superficialità.
È per questo che Robin, alla fine, preferisce stare in viaggio, muoversi continuamente, esplorare porti sconosciuti: perché, lì, si può sempre ricominciare daccapo. Nel finale pianistico di It’s Easy To Be Lonely, Robin così canta: “siamo la somma delle nostre scelte e dei nostri errori”, frase simbolo di un disco pensieroso e meteoropatico. E anche considerazione fatale sulla musica dei Sophia. Perché un giorno Proper-Sheppard si guarderà indietro, riascolterà la sua musica, e forse capirà se sarà valsa la pena tutta questa tristezza. Che oggi pare irrinunciabile.
(2016, The Flower Shop)
01 Unknown Harbours
02 Resisting
03 The Drifter
04 Don’t Ask
05 Blame
06 California
07 St. Tropez/The Hustle
08 You Say It’s Alright
09 Baby, Hold On
10 It’s Easy To Be Lonely
IN BREVE: 3,5/5