Mentre i tabloid britannici non hanno mai smesso di interessarsi a Pete, a Carl e alle vicende extra artistiche della band, loro c’hanno messo undici anni per rimettersi in sesto, ripulirsi lo stretto indispensabile per presentarsi in pubblico, riaccendere la fiamma di un’amicizia importante e, di conseguenza, quella del progetto comune. Anthems For Doomed Youth, così, arriva a oltre una decade di distanza dall’omonimo predecessore e dopo una manciata di concerti al sapor di training sparsi qua e là negli ultimi anni.
Su cosa rappresenti questo disco le idee sono abbastanza chiare fin dall’opener Barbarians: è un lavoro che non può sorprendere nessuno, ma al contempo non è neanche – o quantomeno non sembra – il triste canto di un cigno alle prese col conto in banca vuoto. È un album dei Libertines in tutto e per tutto, coi suoi pro e i suoi contro: fra i primi ci sta sicuramente la ritrovata (e probabilmente mai venuta meno) sinergia fra Doherty e Barat, a loro agio nello scambiarsi le battute all’interno della tracklist. Il reggaettino del singolo Gunga Din, il battimani rock’n’roll di Belly Of The Beast e l’indie punkeggiante di Heart Of The Matter, Fury Of Chonbury e Glasgow Coma Scale Blues sono i maggiori indizi di come la band abbia ancora il mestiere ben saldo fra le mani.
La freschezza cazzona, giovanile e spensierata dell’esordio “Up The Bracket” qui, dopo tutto questo tempo, avrebbe finito con lo sfigurare: i Libertines optano allora, intelligentemente, per un approccio più maturo che ha nelle pianistiche You’re My Waterloo e Dead For Love, nell’acustica Iceman, nei delicati arpeggi di The Milkman’s Horse e nelle autobiografiche Fame And Fortune e Anthems For Doomed Youth (episodio migliore dell’album) la propria convincente dimensione.
Appurato che “Anthems For Doomed Youth” non è e non sarebbe mai potuto essere il fiore all’occhiello della parabola dei Libertines, qual è il ruolo del disco nella storia della band? Quello di sigillo, di amplificatore di quanto fatto in passato e di riaffermazione del suo valore. Poteva essere la definitiva pietra tombale e invece potrebbe finire con l’essere il possibile primo tassello di una nuova fase della carriera dei quattro.
(2015, Virgin EMI / Harvest)
01 Barbarians
02 Gunga Din
03 Fame And Fortune
04 Anthem For Doomed Youth
05 Heart Of The Matter
06 Belly Of The Beast
07 Iceman
08 You’re My Waterloo
09 Fury Of Chonburi
10 The Milkman’s Horse
11 Glasgow Coma Scale Blues
12 Dead For Love
IN BREVE: 3/5