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The Men – Drift

Ci sono città che hanno una memoria artistica di gran lunga più ingombrante di altre, in cui è complicato districarsi per chi c’è nato e deve fare i conti con propensioni musicali di un certo tipo. New York sta in cima alla lista di quelle città e i The Men, che le strade della Grande Mela le percorrono fin da quando sono venuti al mondo, il peso del passato, della seminalità dei propri predecessori e numi tutelari, lo hanno sempre sentito tutto.

Dal noise degli esordi al garage, passando per l’alleggerimento di “Tomorrow’s Hits” (2014), Mark Perro, Nick Chiericozzi e gli altri sono arrivati al settimo sigillo in dieci anni d’attività, ritornando sotto l’ala della Sacred Bones dopo la parentesi autonoma di “Devil Music” (2016) e raggiungendo l’apice – ne siamo certi, solo momentaneo – della loro ricerca di vie di fuga.

Driftfa questo, guarda ai concittadini Suicide con le pulsazioni sintetiche di Maybe I’m Crazy, chiacchiera con Lou Reed e i Velvet Underground nelle cadenzate trame di Final Prayer, ritorna alle abrasioni di inizio carriera (quelle di scuola Buzzcocks e Fugazi) in Killed Someone e ci mette anche il consueto carico di folk e tradizione americana, come in Rose On Top Of The World, So High e Come To Me.

È un viaggio a ritroso nelle proprie radici quello dei The Men, che partorisce una miscellanea apparentemente scollata ma che in realtà, se la lasci riposare un po’, ha il gusto inebriante di uno di quei beveroni da cinque dollari che puoi beccare nei bar del Village.

(2018, Sacred Bones)

01 Maybe I’m Crazy
02 When I Held You In My Arms
03 Secret Light
04 Rose On Top Of The World
05 So High
06 Killed Someone
07 Sleep
08 Final Prayer
09 Come To Me

IN BREVE: 3,5/5

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