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The WAEVE – S/T

La copertina ci racconta di una mano sullo schermo a coprire gli occhi, o meglio uno degli occhi, sorriso beffardo, e uno sguardo volto a dire: “Eccoci, ascoltateci, non siamo solo belli da guardare!”. Rose Elinor Dougall – ex componente del gruppo indie power pop Pipettes e songwriter di interessante caratura – e Graham Coxon – di cui, per i distratti che ancora non lo sapessero, basti menzionare i Blur e il suo portante ruolo chitarristico – hanno scelto, come tanti altri, di concretizzare le sessioni di scrittura e di free jamming prodotte durante il lockdown dando alle stampe questo primo lavoro, sintesi della loro unione artistica oltreché sentimentale. Il nome del progetto non è scelto a caso: un’onda li ha travolti, che peraltro ha anche donato loro un figlio, un’onda è il suggello artistico che unisce oblio e ricordo, luce e tenebra, speranza e sconforto.

Non si tratta di narrativa autoreferenziale, non c’è la cronaca di questi anni, bensì aleggia un’atmosfera che comincia umbratile, dissonante e a tratti acida per poi mutare a poco a poco fino a sciogliersi in un chamber pop, a tratti dreamy, supportato da un’architrave orchestrale, che dilata i pezzi fino a farli diventare eterei. Una sintesi lirica del loro duplice connubio. I compiti all’interno del disco sono diffusamente ripartiti: alla Dougall le tastiere, a Coxon il sax e le chitarre, mentre le voci talvolta si intersecano, talaltra si alternano, senza mai risultare fuori posto rispetto all’equilibrio creato. L’entrata compassata, con l’appena accennato trip hop, rende apparentemente Can I Call You un pezzo interlocutorio salvo poi trasformarsi a metà in un brano da kosmische musik con un cambio di passo che fa strabuzzare gli occhi e le orecchie. Kill Me Again, invece, è post punk misto ad echi free jazz, evidenti nelle comparsate febbrili del sax di Coxon che rendono il risultato dissonante.

Non manca una sezione ritmica granitica che troneggia in pezzi come Sleepwalking, dove le dissertazioni notturne della Dougall si lasciano permeare da scure atmosfere post jazzy. Over And Over è un brano sognante, i cui suoni attingono a piene mani dalla tradizione del dream pop, in cui Coxon e la Dougall si rendono conto che il passato è alle spalle e che il futuro è una partita da giocare a carte scoperte. C’è un momento, a metà del disco, in cui il post industrial si prende la scena creando un solco tra la prima e la seconda parte dell’album: Someone Up There è l’incontro tra i Nine Inch nails e i Kills in un brullo androne di un’abbandonata fabbrica berlinese, in cui chitarre glitchate supportano il cantato robotico della cantautrice Britannica.

Il trittico finale Undine, Alone And Free e You’re All I Want To Know è un commiato meno peculiare dell’inizio scintillante: non un vero e proprio anello debole, solo un cambio di tono che ha sì l’intenzione di alleggerire il disco ma in realtà ne fa emergere un lato anonimo non avvertito in precedenza. Questo non cambia il giudizio positivo su “The WAEVE” che riesce, pur non inventando niente, a creare uno scenario sonoro e testuale ad hoc che non ha intenzione di svincolarsi dalla contemporaneità. Non resta che rimettere play e farci travolgere dal moto ondoso – e amoroso – generato da Rose e Graham.

— 2023 | Transgressive —

IN BREVE: 3,5/5

Nasco a S. Giorgio a Cremano (sì, come Troisi) nel 1989. Cresco e vivo da sempre a Napoli, nel suo centro storico denso di Storia e di storie. Prestato alla legge per professione, dedicato al calcio e alla musica per passione e ossessione.

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