A Deeper Understanding, quinto album del gruppo di Phildalephia e primo sotto la Atlantic Records, continua a proporre suoni grandi e audaci, mantenendo lo stile essenziale, psichedelico e onirico di Adam Granduciel che, dotato di un arsenale di synth, dà vita a un album dalle sfaccettature sfumate e stratificate. Non è l’album migliore dei The War On Drugs, non è neanche particolarmente sperimentale ma non ha nulla da invidiare al precedente “Lost In Dream”.
Ma è un disco che procede bene su diversi livelli: è dotato di acume, raffinatezza e di una potenza orchestrale che rende ogni traccia onomatopeica, nonostante alcune lungaggini (se Nothing To Find si fosse conclusa al minuto 5:04 avrebbe funzionato lo stesso) e qualche trovata un po’ banale (l’arrangiamento di Up All Night si avvicina moltissimo a “Welcome To New York” di Taylor Swift, nella versione di Ryan Adams).
L’eleganza e la perizia con cui i The War On Drugs coniugano sonorità psichedeliche e testi apparentemente semplici e accessibili sono un altro punto di forza di un album che non si rivela subito giocando immediatamente le sue carte migliori, ma consente all’ascoltatore di mettersi comodo e ascoltare fino in fondo. Per intenderci, Up All Night, traccia di apertura dalle sonorità sottili e ritmi serrati, lascia immaginare quale sia il filo conduttore di tutto il lavoro senza necessariamente stupire o travolgere l’ascoltatore.
Proseguendo, però, ci si imbatte in scoperte estremamente interessanti, come Thinking OF A Place, un viaggio strutturato di undici minuti di folk rock, che passa attraverso i paesaggi oscuri di Little Bend, si adagia sulle sponde del Missouri e finisce per trovare la sua pace in un amore di cui fondamentalmente non si vuole conoscere l’identità. I parallelismi e le commistioni tra lo stile dei The War On Drugs e le sonorità che richiamano attraversano un intero trentennio: Tom Petty, Bruce Springsteen, Dire Straits, Bob Dylan, Supertramp, Ryan Adams, John Mellencamp, Arcade Fire, Roxy Music.
Riuscire a mescolare sonorità talmente distanti tra loro da sembrare incompatibili, richiamando vecchie sensazioni sonore senza mai perdere lo stile unico che ha contraddistinto il gruppo dalla sua nascita ad oggi, conferma la versatilità di un artista e la potenza dei musicisti che lo circondano. Così, in Nothing To Find l’ingresso dell’armonica (già sperimentato in “Baby Missiles” nel 2010), in un contesto assolutamente anti-folk, mescolato a synth, tastiere, batteria, chitarre e la voce appena sussurrata di Granduciel, è talmente azzeccato e incisivo da creare quasi una forma di dipendenza nell’ascolto (se la traccia fosse uscita come singolo si sarebbe potuto ipotizzare un’espediente creato ad arte per spingere le vendite).
Con un po’ di attenzione in più, emergono particolari (l’idea di “nascondere” il titolo dell’album all’interno del testo di Pain) e omaggi, più o meno intenzionali, a personaggi ben più noti: “Well, my eyes, they begin to fade”, all’interno del testo di Stranger Thing, potrebbe essere un velato riferimento a “One Too Many Mornings” di Bob Dylan, come il verso “I heard the news today” in You Don’t Have To Go riprende presumibilmente la battuta in apertura di “A Day In The Life” dei Beatles.
In dirittura d’arrivo, In Chain, Clean Living e You Don’t Have To Go permettono di riprendere contatto con la realtà lasciando una sensazione di piacevole ubriacatura e la percezione di essere stati parte di un tutto. Questo, oggi, è il mondo di Adam Granduciel e dei The War On Drugs, forse troppo controllato e poco audace ma dotato di un pathos così coinvolgente che resistergli è quasi impossibile.
(2017, Atlantic)
01 Up All Night
02 Pain
03 Holding On
04 Strangest Thing
05 Knocked Down
06 Nothing To Find
07 Thinking Of A Place
08 In Chains
09 Clean Living
10 You Don’t Have To Go
IN BREVE: 3,5/5