Quattro sono gli anni trascorsi dal precedente disco (anche se di mezzo c’è l’Halleluja dell’altro avamposto canadese, i Godspeed You! Black Emperor), niente di meglio per caricarsi a molla e partorire un album scintillante come questo. Una profondissima boccata di musica che ci ricorda come, da quelle parti, il rock sia innanzi tutto un’esperienza sensoriale che li coinvolge tutti, i sensi.
Perché, se Austerity Blues, ha un colore di cui tener conto, quello di un gospel abbagliato, come il sole quando ti manda a sbattere alla guida di un’auto; c’è anche il gusto di mezzo, quello, amaro, che galleggia tra le papille di What We Loved Was Not Enough (qui Efrim Menuck canta come un Roger Waters allucinato). Profumi (Little Ones Run) e ruvidezze (Take Away These Early Grave Blues) completano il quadro di un disco potente ma mai muscolare. Disperato e dolcissimo, fortissimo e pianissimo, dotato di «sdegno e speranza» e che non ha bisogno di decantare, anzi! Guai a farne disperdere i tannini al vento.
Il tutto compattato in un albo di “soli” 49 minuti (il più corto dal 2000 ad oggi) e in virtù di una formazione che assume sempre di più le sembianze di una band e sempre meno di una orchestra, con il quintetto Menuck-Payant-Moss-Trudeau-Amar a stringere le fila. Non definite “Fuck Off…” disco politico, non lo è. E’ qualcosa di più complesso che è complesso spiegare. C’è la realtà, c’è l’immaginifico. In mezzo la musica dei Thee Silver Mt. Zion. Ecco.
(2014, Constellation)
01 Fuck Get Free (For The Island Of Montreal)
02 Austerity Blues
03 Take Away These Early Grave Blues
04 Little Ones Run
05 What We Loved Was Not Enough
06 Rains Thru The Roof At Thee Grande Ballroom (For Capital Steez)
IN BREVE: 4/5