E così, le macchiette di “Mare Balotelli” sono diventati loro: Thegiornalisti, tra una serie di chiappe sul litorale emiliano e le palle dei tori lasciati liberi in Spagna. Un canovaccio ripetuto in loop da due album andato marcendo, accartocciandosi su sé stesso in un continuo svilimento lirico che ha trascinato, inesorabilmente, anche le giuste melodie del passato.
LOVE non è che un altro passo in questa direzione: una paccottiglia che fa (troppo) il verso ai Coldplay meno brillanti, tra synth spiccioli (Zero stare sereno) ed episodi dance (Una casa al mare), passando per decelerazioni da accendini accesi (Controllo, Love) per poi riprendere le orrende fila precedenti (Milano Roma). Si salvano, seppure in calcio d’angolo, L’ultimo giorno della Terra e Questa nostra stupida canzone d’amore, nelle quali s’intravede qualcosina del potenziale inespresso della band, ormai sommerso da tonnellate di like e affogato come un qualsiasi Jack a fianco del Titanic – ma senza nessuna Rose.
Non per ripeterci, però – come spesso capita nella storia discografica – “Promiscuità” avrebbe meritato il triplo dei passaggi radiofonici di Felicità puttana, eppure l’hanno avuta vinta loro. I messaggi vocali di dieci minuti. Quelli che suscitano la stessa reazione dell’ascolto di quest’album: una sana, comprensibile insofferenza.
(2018, Carosello)
01 Overture
02 Zero stare sereno
03 New York
04 Una casa al mare
05 Controllo
06 Love
07 Milano Roma
08 L’ultimo giorno della Terra
09 Questa nostra stupida canzone d’amore
10 Felicità puttana
11 Dr. House
IN BREVE: 1/5