Non può certo dirsi che “Image”, il loro debutto del 2018, non abbia sortito l’effetto sperato di farli notare da chi di dovere (in primis la PIAS, che li ha messi sotto contratto), visto che i belgi Whispering Sons sono riusciti a godere, oltre che di una critica favorevole, anche dell’apprezzamento di stimati colleghi che li hanno voluti in tour con loro in giro per il mondo (su tutti gli Editors, con i quali condividono più di qualche antenato). E tutto ciò è accaduto perché, nel mare magnum di uscite che ormai da un po’ di anni invadono costantemente il segmento riservato al post punk, i Whispering Sons si sono distinti per almeno due peculiarità: la prima, innegabile, è la voce di Fenne Kuppens, baritonale e spesso ai limiti dello spoken; la seconda è l’aderenza della formazione belga al versante più dark e gelido del genere di riferimento, sentiero non propriamente battuto tra i loro simili.
Il sophomore Several Others, composto dalla band durante i lunghi mesi di isolamento forzato che tutti abbiamo dovuto affrontare, perfeziona ancora un po’ la loro proposta, facendo ulteriormente leva sulle caratteristiche che hanno contribuito a farli uscire dall’anonimato. Le rasoiate della chitarra di Kobe Lijnen rendono giustizia ai numi tutelari del post punk (su tutte evidenziamo quelle del singolo Heat, dell’iniziale Dead End e di Flood), mentre germi di una darkwave glaciale si innestano in (I Leave You) Wounded e Screens. La tensione che percorre il disco è palpabile in ciascuna delle sue dieci tracce, ma è quando si arriva alla chiusura, con Satantango prima e Surgery poi, che questa esplode in tutta la sua dirompenza, lasciando che la carica primordiale dei Whispering Sons s’impossessi dei brani.
Tra Cure (a palate, fin quasi a sotterrarli) e il Nick Cave più cupo, passando per le sciabordate sintetiche dei Sisters Of Mercy e gli ormai classici e abusati rimandi ai Joy Division, i Whispering Sons hanno il merito di sapersi brillantemente districare in un contesto, quello del post punk, che rischia ogni giorno di arrivare a saturazione con il pericolo che qualche esperienza davvero rilevante possa finire per sfuggirci dalle mani. Fenne Kuppens è chiaramente un valore aggiunto ed è su di lei che la band punta giustamente tutto, ma c’è anche tanto altro da non sottovalutare e su cui poter costruire un progetto duraturo.
(2021, PIAS)
01 Dead End
02 Heat
03 (I Leave You) Wounded
04 Vision
05 Screens
06 Flood
07 Surface
08 Aftermath
09 Satantango
10 Surgery
IN BREVE: 3,5/5