Il problema principale è che l’ispirazione stavolta viaggia a intermittenza e rispetto ai dischi precedenti i pezzi degni di nota nella setlist sono presenti in minor numero. Sia chiaro, qualcosa si salva: bene il singolo Take It Out On Me, benissimo Swing che con il suo incipit incessante e il brillante finale ricorda l’eccellente “The Power And The Glory”, ma il problema è che i White Lies stavolta hanno il fiato corto ed esauriscono rapidamente le buone idee.
Si salvano a malapena Summer Didn’t Change A Thing e Don’t Want To Feel It All, ma il resto del disco non convince affatto: in assenza di altre melodie valide, la puzza di strasentito inizia a insidiarsi tra le orecchie dell’ascoltatore e non è certo un gran bel sentire. Prendiamo ad esempio Come On e Don’t Fall: brani assolutamente inutili, che sembrano solo un miscuglio riuscito male di canzoni passate.
Comprensibilmente a caccia di una formula più ruffiana, i White Lies perdono però di vista quello che era l’obiettivo principale, ovvero la qualità complessiva del disco, scendendo a qualche compromesso di troppo. Vista la lunga pausa intercorsa dal penultimo album, la delusione non può che essere doppia.
(2016, BMG)
01 Take It Out On Me
02 Morning In LA
03 Hold Back Your Love
04 Don’t Want To Feel It All
05 Is My Love Enough?
06 Summer Didn’t Change A Thing
07 Swing
08 Come On
09 Right Place
10 Don’t Fall
IN BREVE: 2/5