Non è un caso infatti che il titolo dell’album annunci una rivolta in corso e che sia anche differente da quella funky e trasgressiva dell’omonimo lavoro degli Sly And Family Stone, che molti hanno portato a paragone. Quella di Yo La Tengo è una rivolta silenziosa e delicata. Controcorrente.
Ira Kaplan, Georgia Hubley e James McNew, hanno curato in quasi trentacinque anni di carriera il proprio giardino con una determinazione tale da non farsi intaccare dal paesaggio musicale in continua mutazione che li circonda. Attraverso quindici tappe, sembrano voler tracciare un percorso che inizia con i sei minuti di chitarra unita al lieve suono di campane di You Are Here, per terminare con Here You Are che agisce come risposta alla traccia di apertura, portando l’album a una risoluzione e conclusione.
Probabilmente non susciterà nessun particolare tumulto iniziale, ma ascolto dopo ascolto l’album svelerà gradualmente la sua bellezza, che risiede in ciò che potrebbe risultare a molti come difetto, ovvero che “There’s A Riot Going On” ha un sound apparentemente freddo, dovuto alle connotazioni ambient che interessano molte tracce, così come la presenza di delicate percussioni e linee vocali usate con toni sommessi che lo caratterizzano.
“Ogni volta che c’è male e le cose sono incerte, forse potrei essere quel ragazzo”, mormora la voce di Ira su una delle canzoni più malinconiche dell’album, For You Too, dove non si può non notare il basso krautrock di McNew con il pedale fuzz acceso che crea un effetto sfocato e confuso, dissonante. Una colonna sonora immaginaria, un lungo film formato da canzoni che non terminano ma si uniscono in dissolvenza, conferendo al tutto un aspetto tormentato, un sospiro malinconico fuori dalla finestra, che si spalanca grazie a un vortice psichedelico di chitarre gentilmente strimpellate, così come in She May, She Might.
Una virata nella direzione della libertà con Polinesia #1, un sogno a occhi aperti, una ballata meravigliosamente fragile, impreziosita dalle corde vocali di Georgia. Above The Sound è un lungo brano jazz, per lo più strumentale, con la presenza di voci spettrali in sottofondo che portano l’ascoltatore alla deriva, travolgendolo con suoni cupi ed effetti sonori sinistri.
Straziante e bellissima What Chance Have I Got: “Se questo non è abbastanza, e so che non lo è, mantieni la tua posizione, che possibilità ho avuto”, le liriche vengono accompagnate dal basso che passa con estrema naturalezza a un profondo accordo di piano lasciato a riverberare, donando unicità al pezzo.
Come uno stacchetto pubblicitario che vuole spezzare una malinconia senza fine, arriva Esportes Casual, uno spettacolo di bossa nova, breve e giocoso momento di sole dopo un lungo periodo in cui si è stati forzatamente al buio. La languida Forever, dagli accordi d’organo nostalgici e backing vocals che intonano uno shoo-wop shoo-wop, porta con sé emozioni che vorresti vivere per sempre, come la felicità di scegliere la persona che ami ogni giorno nonostante le difficoltà della vita.
Come suggeriscono le parole shuffle presenti nella prima e ultima canzone, c’è una rivolta continua che può essere riprodotta in loop in modo così naturale, da passare quasi inosservata. Più della maggior parte degli altri lavori di Yo La Tengo, questo album racchiude uno stato d’animo impalpabile e imperturbabile e ripone la sua fiducia nell’immenso potere della musica, tirandoci fuori da qualunque inverno possiamo attraversare.
(2018, Matador)
01 You Are Here
02 Shades Of Blue
03 She May, She Might
04 For You Too
05 Ashes
06 Polynesia #1
07 Dream Dream Away
08 Shortwave
09 Above The Sound
10 Let’s Do It Wrong
11 What Chance Have I Got
12 Esportes Casual
13 Forever
14 Out Of The Pool
15 Here You Are
IN BREVE: 3,5/5