Nika Roza Danilova avrà fatto due conti, avrà comparato il chilometrico elenco dei contro con quello risicatissimo dei pro, ed ecco che l’inevitabile mossa è stata innanzitutto quella di mollare la Mute per tornare a farsi assistere dalla Sacred Bones, etichetta che aveva segnato i passaggi più brillanti della sua discografia. Col come back discografico è dunque arrivato anche quello artistico: stop alle tremende divagazioni EDM del lavoro precedente (che in Veka e Remains però si rifanno sotto ma contestualizzate), stop alla produzione edulcorata e rientro dalla porta principale delle atmosfere, quelle che mancavano in “Taiga” e che sono sempre state il punto di forza della proposta di Zola Jesus.
Così Nika si immerge nuovamente in un mare di pece nera e densissima (basta dare un’occhiata alla non casuale copertina che sempre non casualmente richiama quella dell’EP “Stridulum” del 2010), che va dagli echi industrial di Exhumed all’incedere sacrale di Soak, passando per le striature ambient di Ash To Bone e il consueto – quanto c’era mancato – pastone dark-electro-pop in cui Zola Jesus sguazza abilmente fin dagli esordi e che qui si sublima in una traccia come Siphon.
“Okovi” non raggiunge i livelli di “Conatus”, lavoro che nel 2011 aveva rappresentato il momentaneo apice di un’artista che si pensava potesse crescere ulteriormente, ma è un ritorno prezioso che restituisce una Zola Jesus consapevole della sua dimensione e intenzionata a esplorarla ancora, piuttosto che destrutturarla come fatto con scarsi risultati con il lavoro precedente.
(2017, Sacred Bones)
01 Doma
02 Exhumed
03 Soak
04 Ash To Bone
05 Witness
06 Siphon
07 Veka
08 Wiseblood
09 NMO
10 Remains
11 Half Life
IN BREVE: 3,5/5