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Dai margini al mainstream: Americana e il controverso successo degli Offspring

In un interessante articolo di Matteo Persico, intitolato “Guida pratica alla riscoperta del punk” si legge: “Il punk non nacque per divertimento, nacque per necessità. La necessità di gridare al mondo la rabbia per una condizione che era sempre più sulla via della degenerazione: stiamo naturalmente parlando della situazione della Working Class inglese alla fine degli anni ’70”. Nel 1994, quegli anni e quelle tensioni appartenevano al passato e la nuova generazione punk si era spezzettata in decine di sottogeneri, trasformandosi in un veicolo di disagio adolescenziale più che di dissenso sociale e politico. “Dookie” dei Green Day e “Smash” degli Offspring si sfidavano a colpi di riconoscimenti, il primo vincendo il Grammy per il miglior album alternative e il secondo diventando il disco indipendente più venduto di tutti i tempi.

“Smash” fece conquistare alla Epitath di Brett Gurewitz il primo disco d’oro e di platino, in un sol colpo. “Ixnay On The Hombre” del 1997 non arrivò minimamente a toccare i picchi di vendita del suo predecessore. Americana, distribuito sotto l’egida della Columbia, fu invece l’album dei numeri in tutti i sensi: undici milioni le copie vendute, di cui 175 mila solo nella prima settimana, centoventisei giorni nella classifica degli album di Billboard 200, quattordici le tracce totali, sette quelle che si salvano dalla quasi apoteosi dell’inutilità, tre quelle odiate dai puristi del punk. Le sessioni di registrazione, tenutesi da Luglio a Settembre 1998 presso gli Eldorado Recording Studios con il produttore Dave Jerden (già collaboratore della band per “Ixnay On The Hombre”), sono sfociate nell’album che consegnò la band californiana in pasto al pubblico mondiale.

L’incipit di Welcome (lasciato alla voce del doppiatore americano John Mayer) è probabilmente una delle poche cose da cui il gruppo non si è discostato rispetto agli album precedenti. Tracce come The Kids Aren’t Alright, una riflessione cruda sulle aspettative brutalmente lacerate, She’s Got Issues, autostima al femminile sfigurata da uno sprezzante sessismo paterno, Walla Walla, un commento leggero sulla criminalità, Pay The Man, una denuncia contro il sistema di tassazione e la prepotenza del governo, fanno di “Americana” il lavoro degli Offspring più consapevole a livello sociale. Purtroppo, però, l’album non sarà ricordato per questo: il teutonico “Gunter Glieben Glauchen Globen” campionato da “Rock Of Ages” dei Def Leppard, apre il sipario alla traccia che senza dubbio cristallizzerà un’immagine ruffiana che fino a quel momento non era appartenuta alla band.

L’airplay radiofonico e televisivo di Pretty Fly (For A White Guy) Why Don’t You Get A Job, un mash up accidentale liberamente ispirato alla beatlesiana “Obladi Oblada” e alla “Cecilia” di Simon & Gurfunkel, farà conoscere gli Offspring a tutti quei ragazzi che fino a qualche mese prima ignoravano del tutto una fetta di mondo relegata ai margini della società. Il commento di Jason Draper contenuto nel suo “A Brief History Of Album Covers” riguardo l’artwork di “Americana”, affidato a Frank Kozik, riassume perfettamente lo spirito dell’album: “I The Offspring potrebbero non aver avuto il carburante atto a trasformarli in portavoce di un genere, ma la cover di Americana tocca gran parte di ciò che hanno tentato di catturare: uno sguardo snervante alla vita suburbana americana a metà degli anni ’90, attraverso gli occhi spesso imbarazzati”.

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.

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