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La California indolente dei Mazzy Star di So Tonight That I Might See

Agli albori degli anni ’90 David Roback s’era già fatto notare nell’indipendente americano con gli Opal e la loro psichedelia sixties di scuola Paisley Underground, ma è con il progetto Mazzy Star e l’incontro con Hope Sandoval che trova la definitiva quadratura del cerchio. L’esordio della band (in realtà si è sempre trattato di un duo, Roback e Sandoval, cui si sono aggiunti altri musicisti), “She Hangs Brightly” del 1990, risentiva ancora appieno del background di Roback, un disco in cui la timidezza della Sandoval non le aveva consentito di emergere del tutto.

L’ingranaggio viene perfezionato definitivamente nel 1993 con So Tonight That I Might See e quello che sembrava un esperimento diviene in poco tempo vero e proprio culto: la psichedelia si fonde con i riferimenti classici del folk e del blues e con quelli più contemporanei dello slowcore e del dream pop, con la dimensione onirica che nel disco gioca un ruolo di primissimo piano complice la performance ai limiti del surreale della Sandoval. Hope la si immagina così, come nelle rare testimonianze video del periodo: occhi socchiusi, una mano dietro la schiena e l’altra sul microfono, labbra dischiuse il minimo indispensabile a far trapelare le parole e un sussurro costante, lento, narcolettico ma suadente da impazzire.

Se Fade Into You è il manifesto d’amore malinconico che passerà alla storia, tutto il disco gioca a rimpiattino con i numi tutelari Velvet Underground (vedi i sette minuti della conclusiva title track, con Hope che si perde in uno spoken ipnotico), con quei Doors che Roback aveva sempre amato alla follia (vedi l’acidità di Mary In Silence), con un folk che affonda le sue radici molto lontano nel tempo (vedi la delicatezza trascendente di Into Dust) e un tocco chitarristico dimesso per gran parte ma che quando esplode tira fuori le unghie e graffia fino a sanguinare (vedi Bells Ring).

Hope nel frattempo sta lì, ti guarda fisso negli occhi e quasi ti implora di ascoltarla, di seguirla nella foschia di una California apatica e indolente, di non far caso al tamburello cadenzato di Fade Into You né al violino di Five String Serenade, che sono solo elementi funzionali al suo canto da sirena, lo sguardo deve stare fisso su di lei mentre ti fa il cuore a brandelli, senza pietà. Una sofferenza che non sarebbe mai potuta essere più dolce.

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